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Legambiente, no a fondi Regione per termovalizzatore Acerra

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“La scelta del consiglio regionale nella seduta di ieri di destinare 27 milioni per la per la realizzazione della quarta linea del termovalorizzatore di Acerra è sbagliata e anacronistica.

C’è una sfida climatica e sociale da vincere, ma c’è una classe dirigente poco coraggiosa che invece di essere lungimirante e guardare al futuro continua ad investire su logiche del passato.

Giustificare la quarta linea per far fronte ai diversi stop degli altri forni durante le frequenti fasi di manutenzione a cui sono soggetti è la strada sbagliata”. Lo scrivono, in una nota,l Mariateresa Imparato e Anna Terracciano, rispettivamente presidente Legambiente Campania e Legambiente Acerra esprimono contrarietà sulla decisione Consiglio regionale di destinare 27 milioni per la per la realizzazione della quarta linea dell’inceneritore di Acerra.

“I dati dimostrano che con una raccolta differenziata spinta a regime,insieme ai necessari impianti di riciclo, non c’è bisogno di altre linee e altri impianti di incenerimento, a confermarlo è anche il Conai nello studio “Per uno sviluppo della raccolta differenziata nel centro-sud”.

Ecco che le alternative passano dal rilancio e investimento sulla raccolta differenziata che è in stallo su molti territori, a dispetto – aggiungono – dell’impegno e dello sforzo di centinaia di comuni ricicloni che fanno performance importanti di raccolta.

Un appello ai sindaci e alle comunità in cui si devono realizzare gli impianti di riciclo a partire dai digestori anaerobici, uscire dalla sindrome Nimto e Nimby e realizzare gli impianti utili che smentiscono la politica dell’incenerimento per dimostrare che anche in Campania è possibile realizzare l’economia circolare come dimostrano le tantissime aziende virtuose”.


Articolo pubblicato da A. Carlino il giorno 15 Luglio 2023 - 16:30


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Nei giorni scorsi alla nostra redazione è arrivata una segnalazione da parte di un lettore che ha raccontato un episodio accaduto all’interno di un noto centro commerciale della nostra zona, Vulcano Buono di Nola. Il tema riguarda un argomento che molti consumatori e lavoratori conoscono bene: cosa succede quando un cliente entra in un negozio poco prima dell’orario di chiusura? Secondo la testimonianza ricevuta, il lettore si è recato in un punto vendita del centro commerciale intorno alle 21:40, in un giorno di apertura straordinaria fino alle 22:00. In teoria, con venti minuti ancora disponibili per fare acquisti, ci si aspetterebbe di essere serviti normalmente. Eppure, racconta il nostro lettore, la reazione dei commessi è stata ostile: inviti pressanti ad uscire, frasi del tipo “siamo in chiusura, non c’è più tempo per comprare” e, in alcuni casi, un atteggiamento apertamente scortese. Un comportamento che sorprende ancor più se si considera che non si trattava di una piccola attività a conduzione familiare, ma di una catena importante e riconosciuta a livello nazionale, che fa dell’accoglienza e della disponibilità verso le famiglie uno dei propri punti di forza. Diritti e buon senso La domanda che nasce spontanea è: chi ha ragione? Se un esercizio commerciale indica come orario di chiusura le 22:00, il cliente ha il diritto di fare acquisti fino all’ultimo minuto utile. I dipendenti, del resto, sono pagati fino a quell’orario e il servizio dovrebbe essere garantito. Dall’altra parte, è evidente che per buon senso sarebbe preferibile non arrivare a pochi minuti dalla chiusura, evitando di costringere il personale – già provato da una lunga giornata di…

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