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Cani e gatti negli uffici pubblici, ma chi paga? A Napoli la storia di “micione”, il gatto della Caserma Garibaldi

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Il rapporto fra animali domestici e uomo è qualcosa di antico, che risale a tanto tempo fa. Un rapporto quasi simbiotico che ha creato un legame di rispetto e di complicità. Gli animali domestici hanno saputo ricambiare diventando amici fidati.

E anche negli uffici pubblici ci sono stati casi di gatti o cani randagi “adottati” da impiegati che , facendo una buona azione, gli davano rifugio e cibo. Era considerata una normalità vedere gatti e cani che si aggiravano fra gli uffici dei Comuni, o nelle scuole o ancora nelle Poste. Diventavano la “mascotte” del posto , coccolati e accuditi un po da tutti. E nessuno si poneva il problema di chi “pagava” il cibo o chi doveva pulire perchè facevano parte della realtà di quel tale luogo e tutti piu o meno se ne prendevano l’onere.

C’era ancora una certa “ingenuità” nel fare delle azioni senza andare troppo a pensare alle conseguenze, si trattava innanzitutto di una buona azione, si salvava un animale da pericoli e dalla fame. E invece oggi siamo arrivati proprio al punto che una semplice buona azione può diventare un peso, un problema, una spesa.

Anche a Napoli negli anni ci sono state storie di gatti e cani adottati dagli uffici. E’ la storia di “micione”, il gatto della Caserma Garibaldi a Napoli è diventata emblematica proprio per raccontare una realtà in cui oggi si trovano probabilmente molti uffici pubblici.

Questo gatto fu portato anni fa da un giudice che, poichè non poteva tenerlo in casa, decise di portarlo nel suo ufficio: era un luogo ideale per il gatto con molte stanze vuote, spazi aperti con tanto verde e ricovero al coperto.

Il gatto si chiamava “Garibaldi”, e trovò nella Caserma il luogo ideale dove crescere e vivere. E cosi fecero i suoi figli,  e di generazione in generazione divennero , dopo anni , un esercito di gatti. Un problema insomma.

Sono diventati troppi da gestire, non è più un solo gatto, ma una colonia di molti esemplari. Gli addetti alle pulizie non riuscendo più ad occuparsene hanno protestato con la dirigenza del Tribunale. Per “sistemare” la vicenda sono intervenuti i magistrati, per trovare una soluzione efficace al problema. Ma questo non è un “problema”, sono esseri viventi. Non possono mica essere “normati” per legge.
E tra l’altro non per tutti questi gatti rappresentano un problema, anzi alcuni avvocati che negli anni si sono affezionati ai piccoli felini, si sono “ribellati” all’idea che vengano catturati per farne poi chissà che cosa.
Se si pensa che a Napoli non è facile trovare dei “gattili”, e che per avere un canile municipale ci sono voluti molti anni, è normale che non ci si fida di una soluzione del genere.
Ma cosa dice la legge su questa vicenda? Per la legge regionale, che regola la gestione in materia, i gatti liberi come Garibaldi  appartengono “al Sindaco”, il quale delega (per tradizione non scritta ma ripetuta di amministrazione in amministrazione ) alla ASL Veterinaria le decisioni relative ai gatti, gestione e spostamenti.
Ma c’è un ma: la Asl, che è poi addetta soprattutto, come le compete, alle cure veterinarie e alle sterilizzazioni che la legge definisce come obbligatorie (e questa è la sola cosa giusta), non si occupa della gestione.
In pratica i gatti sono interamente sulle spalle del volontariato: per farli mangiare ci vogliono quintali di croccantini il cui costo mediamente è di circa 40€  per 10 chili di buona qualità; la pulizia dei luoghi dove vivono (poiché gli addetti alle pulizie si rifiutano “di pulire lo sporco dei gatti” perché non rientra nel contratto); poi ci sono le cure e le sterilizzazioni.
In questa situazione diventa tutto difficile, senza contare la mentalità napoletana che si divide sempre su tutto, di non associarsi mai in nulla.

Articolo pubblicato da Matteo Setaro il giorno 5 Luglio 2022 - 20:16

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