foto archivio
Napoli. Resta in carcere la 20enne accusata di aver aggredito con l’acido le due sorelle di 17 e 24 anni, di cui è zia, la sera del 30 maggio a Napoli. È quanto ha deciso il gip di Napoli al termine di oltre 6 ore, dopo l’interrogatorio di garanzia al quale è stata sottoposta la donna, assistita dall’avvocato Bernardo Scarfò.
Il gip ha dunque confermato l’ipotesi di reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al volto. Il legale della donna ha annunciato ricorso al Tribunale del Riesame.La ventenne resta così nel carcere di Pozzuoli. Nel corso dell’interrogatorio, la donna ha confermato la versione già resa in questura a Napoli dove si era presentata spontaneamente: non è stata lei a lanciare l’acido contro le due sorelle.
Gli inquirenti hanno acquisti le immagini delle telecamere di sorveglianza, da cui, secondo quanto riferisce l’avvocato Scarfò, si vede la sua assistita scendere dal motorino insieme con una amica, con un casco bianco in mano (casco che è stato sequestrato dalla Procura), ma senza altri oggetti. Secondo quanto riferito, la donna alla vista di 2 bottigliette che contenevano l’acido si sarebbe subito allontanata.
Sarebbero stati altri componenti del gruppo ad avvisare la ventenne della presenza delle due bottigliette. La donna ha spiegato che avrebbe avuto intenzione di colpire le due ragazze con il casco, ma non di utilizzare l’acido.
Nell’ordinanza gli inquirenti ricostruiscono la vicenda partendo dalla genesi, una diatriba risalente a circa tre anni fa che ha diviso la famiglia e che ha esacerbato gli animi in maniera irreparabile. Da allora i rancori mai sopiti tra le due fazioni sono degenerati via via fino all’eclatante episodio di lunedi’ notte.
L’avvocato ritiene meritevoli di ulteriori approfondimenti le ricostruzioni sulla collocazione nella zona della Sanita’ degli scooter degli aggressori, tracciati grazie ai sistemi di riconoscimento delle targhe. Le indagini della Squadra Mobile, coordinata dal dirigente Alfredo Fabbrocini, stanno anche cercando di fare luce, tra l’altro, sul precedente incendio della Smart intestata al padre delle due ragazze vittime del raid ma nella loro disponibilita’.
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