Salerno. 'Un comportamento spregevole e grave': è questo il giudizio del Gip di Napoli sul magistrato Roberto Penna, arrestato stamane nell'ambito di un'inchiesta per corruzione, insieme alla sua compagna e a tre imprenditori.
Un sistema consolidato, secondo il gip di Napoli Rosamaria De Lellis che oggi ha disposto gli arresti domiciliari per il magistrato Penna (attualmente in organico presso il Tribunale di sorveglianza di Roma), la sua compagna Maria Gabriella Gallevi e gli imprenditori Francesco Vorro, Umberto Inverso e Fabrizio Lisi, quest'ultimo ex generale della Guardia di Finanza.
Secondo l'accusa, l'obiettivo del 'patto corruttivo' era piegare al 'sistema' l'imprenditore edile di Sarno Eugenio Rainone e il suo gruppo imprenditoriale che era un temibile concorrente per i costruttori del consorzio ReseArch. Così, per favorire l'imprenditore Francesco Vorro, l'ex pm di Salerno Roberto Penna avrebbe strumentalizzato la pubblicazione di articoli per aprire procedimenti penali nell'ufficio inquirente dove era in servizio nei confronti del gruppo Rainone, impegnato in importanti opere di costruzione, tra queste anche il famoso Crescent. In ballo, tra gli interessi del magistrato, anche consulenze d'oro all'avvocato Maria Gabriella Gallevi, sua compagna.
Secondo i carabinieri del Ros di Napoli che hanno condotto le attivita' investigative coordinati dal procuratore Giovanni Melillo e dai sostituti Ardituro e Fratello, tutto era finalizzato a intimidire Rainone e la sorella e costringerli cosi' fornire contropartite per evitare guai giudiziari.Potrebbe interessarti
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Il Gip nell'ordinanza emessa oggi censura il comportamento del magistrato salernitano "di per sé spregevole e tanto più grave..." in considerazione del fatto "...che un magistrato dovrebbe costituire un esempio di legalità e come tale essere percepito dai cittadini". ha sottolineato il gip di Napoli Rosamaria De Lellis. Per il giudice "...il disprezzo e la noncuranza per la funzione rivestita (dal pm) si ricava anche dal fatto che ... incontra i suoi corruttori all'interno del proprio ufficio, in Procura". Il gip stigmatizza anche il comportamento della compagna del magistrato, l'avvocato Maria Gabriella Gallevi, la quale, secondo il giudice, con "..inquietante disinvoltura... per il suo tornaconto personale, si dichiara disponibile e propensa ad accettare incarichi ... come se fosse normale intrattenersi con imprenditori sottoposti contestualmente ad indagini dal proprio compagno e come se fosse altrettanto normale ricevere indebite liberalita' (dai regali, ai sopralluoghi per la ristrutturazione dell'appartamento alle prospettate gite in barca)...". Nell'ordinanza viene anche ricordato che gli imprenditori indagati Vorro e Lisi, il primo amministratore di fatto della ReseArch, il secondo presidente dell'organo di vigilanza e responsabile tecnico, "...incarnano nel migliore dei modi, il ruolo di corruttori". "Ogni loro azione e' tentacolare - continua il giudice - e volta all'illecito condizionamento dell'esercizio delle funzioni pubbliche per favorire il consorzio". "Penetrano nella Dia e nella magistratura salernitana". Lisi, inoltre, e' stato coinvolto in una indagine a Napoli sulla "P4", Vorro spicca invece per i suoi precedenti penali: "...il loro profilo - conclude il giudice - è estremamente allarmante".
Negli atti dell'inchiesta che ha portato all'arresto emerge anche, a proposito della spregiudicatezza degli imprenditori, l'ombra della criminalità organizzata e il tentativo di infiltrazione di alcune imprese. Secondo quanto emerge dall'ordinanza emessa oggi dal gip di Napoli Rosamaria De Lellis, nell'estate del 2020 erano diverse le ditte consorziate colpite da interdittiva antimafia della Prefettura di Napoli, una addirittura riconducile alla famiglia Piccolo, coinvolta in plurime indagini in quanto ritenuta contigua alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il trasferimento della sede del consorzio da Napoli a Salerno e il conferimento di incarichi di vertice all'ex generale Fabrizio Lisi e a un altro generale anch'egli in congedo, secondo i pm, era riconducibile proprio all'intento di dargli una parvenza di liceità. Una delle aziende consorziate, inoltre, era controllata da una società a responsabilità limitata raggiunta nel 2013 da u
n'interdittiva di contrarre appalti con la pubblica amministrazione che, nel 2011, è risultata affidataria di una perizia a una spa, la Mediterranea, riconducibile a un imprenditore siciliano, Giovanni Savalle, indicato da alcune fonti giudiziarie come vicino al latitante Matteo Messina Denaro.






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