"Rivedere la modalità diagnostica della dislessia e differenziare i bambini che hanno una difficoltà di apprendimento da quelli con un disturbo di origine neurobiologica. Se si facesse così vivremmo meglio tutti, ma fondamentalmente vivrebbero meglio i bambini".
Due punti chiari quelli espressi da Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'età evolutiva e direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), riflettendo sulle grande diffusione di diagnosi di dislessia che si registra nel nostro Paese. Perché così tanti bambini vengono indicati come dislessici? "Inizialmente si è pensato di fare le diagnosi sulla base della manifestazione sintomatica- spiega il direttore dell'IdO- quindi se un bambino tarda nel leggere, ha difficoltà o fa degli errori, ciò automaticamente lo porta a questo tipo di diagnosi. Ma difficoltà di apprendimento non significa che ci siano disturbi
specifici dell'apprendimento, come le dislessie".
A riprova di quanto il criterio della diagnosi sia "discutile" Castelbianco cita una ricerca condotta dall'IdO in 12 scuole su 1.Potrebbe interessarti
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Dunque, per Castelbianco, è "questa incapacità di rispondere che portava a una sequela di errori". E poi "non dimentichiamoci che già in prima elementare c'è una corsa alla competenza e alla prestazione che porta solo danni ai bambini che necessitano di più tempo", conclude lo psicoterapeuta.





