Ecco come si moriva nella Rsa: nessun dispositivo anti-covid e anziani ‘depositati’ nella morgue

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Potenza. Non un semplice ‘focolaio’ pandemico ma un ‘altoforno’: nella casa di riposo sono morti 22 anziani.

Una struttura sovraffollata dove sono state tralasciate tutte le misure di contenimento del contagio: quella di Marsicovetere in provincia di Potenza. E stamane sono scattati gli arresti. Cooperazione in epidemia colposa, con 22 casi di omicidio colposo, e circonvenzione di incapaci: sono, infatti, le accuse nei confronti dei due gestori della Rsa Nicola Ramagnano di 50 anni di Marsicovetere e Romina Varallo, 45 di Polla in provincia di Salerno. I due sono stati arrestati e portati in carcere dai carabinieri del Nas su richiesta del Gip, a conclusione di un’indagine che ha evidenziato risvolti agghiaccianti: mancanza di dispositivi anti-covid, sovraffollamento, anziani ‘depositati’ nei locali della camera mortuaria e la falsificazione dei registri per nascondere spostamenti clandestini in piena pandemia.

Un ‘altoforno’ secondo il procuratore Francesco Curcio che ha coordinato le indagini: questo era diventata la casa di riposo, finita sotto sequestro lo scorso 2 ottobre, dopo che il covid si era diffuso tra i pazienti e in pochi erano sopravvissuti. E’ il primo caso accertato in Italia in cui si sono riscontrate le condotto negligenti di gestori e operatori e la morte per coronavirus dei degenti.

All’interno della struttura, ha scritto il gip Teresa Reggio, si e’ consumata “una vera e propria strage, con pochi sopravvissuti”. Dopo la morte di un’anziana ospite, alla fine dello scorso mese di settembre, in piena seconda ondata covid, i Nas avevano avviato le indagini. E’ bastato poco per comprendere che in quella casa di riposo – gia’ controllata nella prima ondata – la situazione fosse completamente sfuggita di mano. “Dei dieci dipendenti – ha evidenziato Curcio nel corso della conferenza stampa – otto erano positivi: ebbene, hanno fatto la quarantena all’interno della casa di riposo, continuando a prendersi cura degli anziani”. In pochi giorni, il contagio ha coinvolto oltre 30 persone. Una delle persone contagiate è stata poi, “clandestinamente, abusivamente” trasferita, senza aver fatto il tampone, in un’altra struttura, la “San Giuseppe” di Brienza in provincia di Potenza, gestita dalla Suore missionarie catechiste del Sacro Cuore, dove poi e’ scoppiato un altro focolaio con cinque morti: la responsabile, suor Anna Sangermano, di 80 anni, e’ indagata. Gli altri 16 decessi presi in esame dalla Procura della Repubblica di Potenza riguardano persone che erano ospiti della “Ramagnano”, dove i dipendenti, per proteggersi dal covid, hanno dovuto acquistare a proprie spese i dispositivi di protezione individuale. Pur di “ottenere profitto, al di la’ dell’immaginazione”, in una “struttura assolutamente inadeguata” e sovraffollata, Ramagnano e Varallo avrebbero risparmiato “su tutte le piu’ elementari procedure anti-covid”. Gli anziani “erano solo e soltanto – ha scritto il gip Teresa Reggio – una insostituibile fonte di guadagno da spremere, in qualsiasi modo, fino all’ultimo respiro vitale, privandoli delle scarse risorse economiche in cambio di un’assistenza che non fornivano e che, anzi, si traduceva nella mera accelerazione della loro morte”. Inoltre, i Nas hanno appurato che, “nonostante la pandemia fosse in corso”, nella struttura entrava “chiunque, anche parenti con tosse o febbre”. Nella struttura vi erano 49 persone, rispetto alle 22 per cui vi erano le autorizzazioni, con tutti i locali occupati, persino quelli della camera mortuaria, dove alcuni anziani non autosufficienti erano “depositati”. Scoperta anche la “sistematica falsificazione” dei registri di entrata e uscita degli anziani. E poi il solo Ramagnano e’ pure accusato di circonvenzione di incapaci perche’, in un caso, avrebbe approfittato dello stato di infermita’ di un anziano ospite, “inducendolo” a firmare “atti dispositivi del proprio patrimonio (una casa e due terreni, per un totale di circa quattromila metri quadrati) in suo favore”. Insieme alla socia Varallo, dopo il sequestro della casa di riposo di Marsicovetere, hanno “attivato abusivamente altre due strutture di accoglienza”. Ma sono state individuate e immediatamente chiuse dai Nas.



    Il “modo criminale” con il quale Ramagnano e Varallo gestivano la casa di riposo di Marsicovetere ha determinato una situazione “di conclamata ed accertata infezione da covid all’interno della struttura”, ma i due hanno non hanno proceduto “in alcun modo ad attivare – ha scritto il giudice – le apposite procedure sanitarie previste dall’attuale normativa (sanificazioni, isolamento, sottoposizione a tampone di tutti gli effettivi ospiti)”.

    La casa di riposo era “assolutamente inadeguata” e sovraffollata. Nella struttura, autorizzata ad ospitare 22 anziani, ve ne erano 49, che occupavano tutti i locali. Alcuni non autosufficienti erano stati “depositati” persino nella camera mortuaria. Gli investigatori dei Nas hanno accertato anche la “sistematica falsificazione” dei registri di entrata e usciti degli anziani.

    Il procedimento è partito dal decesso di un’anziana ospite della casa alloggio di Marsicovetere, avvenuto nel mese di settembre del 2020, riscontrata affetta post-mortem da Covid 19. Sono seguiti altri 21 decessi, per la stessa causa. In 15 giorni quella struttura è diventata un inferno. Un ‘altoforno’ dove era impossibile non contagiarsi.


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