foto di repertorio
Il clan D’Ausilio imponeva il pizzo a tutti nell’area flegrea e nell’ambito di questa strategia criminale è avvenuto l’omicidio di Arrigo, per il quale sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza a carico di due affiliati al clan.Nel corso delle attività investigative sono stati già sottoposto a fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Dda nel settembre 2016 e maggio 2017, sette appartenenti al gruppo camorristico per il reato di estorsioni in danno di imprenditori e attività commerciali.
L’11 maggio 2016, il detenuto Felice D’Ausilio, figlio dello storico capo clan Domenico D’Ausilio, detto Mimì o’sfregiato, era uscito dal carcere di Tempio Pausania a Sassari, dove stava scontando la pena dell’ergastolo per i reati omicidio e associazione di tipo mafioso, per godere di un permesso. Una volta uscito dal carcere, autorizzato a recarsi presso l’abitazione della sorella libero e senza scorta, l’uomo si è reso irreperibile.Sebbene in clandestinità, l’uomo imponeva il suo predominio per riconquistare il controllo delle attività criminali sui quartieri e fin da subito si è registrata una escalation di violenze con stese, pestaggi, atti intimidatori e dimostrativi posti in essere da soggetti a lui riconducibili per la ripresa della gestione delle attività illecite sul territorio, in quel momento appannaggio del gruppo Bitonto-Nappi.
Le investigazioni, coordinate dalla Dda partenopea, oltre a consentire la cattura il 19 dicembre 2016 del latitante e l’individuazione della sua rete di fiancheggiatori, hanno fatto emergere la contrapposizione armata in atto tra i suddetti gruppi criminali e la piena operatività del clan D’Ausilio, rientrante nella sfera d’influenza e di controllo dei Licciardi, famiglia aderente allo storico cartello della criminalità organizzata denominato Alleanza di Secondigliano.Inoltre, sono state documentate numerose estorsioni in danno di attività imprenditoriali e commerciali: imprese edili, bar, officine meccaniche, lidi balneari, parcheggiatori abusivi, prostitute ed ormeggi di barche, con il pagamento, con cadenza periodica o una tantum, di somme di denaro tra 100 euro e 50mila euro.Le indagini hanno permesso, inoltre, di acquisire importanti elementi probatori in relazione a una gestione mafiosa dei parcheggi abusivi in prossimità dei locali notturni insistenti sull’area flegrea, che si concretizzava anche con azioni violente nei confronti degli stessi parcheggiatori per costringerli a sottostare al dominio criminale e a versare una parte degli introiti illeciti alle casse del sodalizio, con il pagamento di una tangente di almeno 200 euro a settimana.
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