Tragedia della Solfatara di Pozzuoli: chiesti oltre 33 anni di carcere per i 6 imputati

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Tragedia della Solfatara di Pozzuoli: chiesti oltre 33 anni di carcere per i 6 imputati. Oggi a Napoli la requisitoria processo per la morte coniugi Carrer e figlio minorenne della provincia di Venezia.

Sei anni di reclusione per Giorgio Angarano, 72 anni, legale rappresentante della “Vulcano Solfatara srl” e 5 anni e 4 mesi di reclusione per i suoi cinque soci: Maria Angarano, 74 anni, Maria Di Salvo, 70 anni, l’omonima di quest’ultima Maria Di Salvo, 40 anni, Annarita Letizia, 70 anni, di Pozzuoli, e Francesco Di Salvo, 44 anni, di Napoli.

L’accusa ha anche chiesto la condanna della Vulcano Solfatara srl alla pena pecuniaria di 172mila euro e, infine, la confisca dell’area sequestrata. Queste le richieste avanzate all’ottava sezione penale del Tribunale di Napoli (giudice Egle Pilla) dai sostituti procuratori Anna Frasca e Giuliana Giuliano (sezione VI, “Lavoro e Colpe Professionali”) al termine della requisitoria per il processo sulla cosiddetta “tragedia della Solfatara” (morirono il piccolo Lorenzo Carrer, papà Massimiliano e mamma Tiziana Zaramella, di Meolo in provincia di Venezia)  avvenuta il 12 settembre 2017 nel noto sito naturalistico che si trova in un vulcano attivo dell’area flegrea.

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    Nel corso della requisitoria, nell’ambito del processo in corso a Napoli sulla cosiddetta “Tragedia della Solfatara”, i sostituti procuratori in forza alla sezione VI dell’ufficio inquirente partenopeo hanno evidenziato che dagli atti di indagini e’ emerso “in modo incontrovertibile” che il piccolo Lorenzo, il primo a cadere nella voragine apertasi sotto i suoi piedi, al momento del crollo non era all’interno di un’area interdetta, ma in un’area liberamente accessibile a tutti i visitatori del sito. Per i pm, inoltre, c’era una diffusa e macroscopica violazione delle piu’ elementari norme di sicurezza, su un sito che, per la sua particolare conformazione, trattandosi di un vulcano attivo, richiedeva la massima attenzione.

    Il 12 settembre 2017 persero la vita i coniugi veneziani Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella, e il loro figlioletto Lorenzo, prima inghiottiti uno dopo l’altro da una voragine apertasi sotto i loro piedi e poi soffocati dai gas presenti nel sottosuolo del vulcano puteolano trasformato in sito naturalistico. Sopravvisse solo il figlioletto piu’ piccolo dei Carrer, che ha assistito impotente al dramma e oggi vive con la zia.

    A assistere i familiari delle vittime e’ lo Studio 3A, con gli avvocati Alberto Berardi e Vincenzo Cortellessa, quest’ultimo oggi presente in aula. Ai sette imputati, che hanno scelto il rito abbreviato, sono contestati i reati di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e dei danni a piu’ persone, e il disastro colposo, sempre in concorso. Per gli inquirenti sono loro ad aver causato il decesso dei tre turisti “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nell’aver gestito il sito vulcanico”, classificato dalla Commissione Grandi rischi “in zona rossa”. Un sito nel quale era assente qualsiasi cautela idonea ad assicurare che l’attivita’ turistico-ricettiva fosse svolta garantendo la sicurezza dei lavoratori, dei dipendenti e dei visitatori.


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