Sarah Hegazi, arrestata e torturata per la bandiera arcobaleno: si toglie la vita

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Sarah Hegazi, arrestata e torturata per la bandiera arcobaleno, si toglie la vita. L’attivista Lgbt e Giulio Regeni uniti dalla stessa voglia di libertà.

 

Ho tentato di trovare riscatto e non ci sono riuscita”. E’ forse questa la frase che fa capire il forte senso di abbandono che ha provato Sarah, dopo essere stata incarcerata e torturata per un intero anno, seguito da un lungo periodo di esilio per provare a curare le ferite, troppo profonde per resistere.

E’ bastato sventolare la bandiera arcobaleno dei diritti Lgbt, un coraggioso gesto di libertà durante un concerto in una piazza gremita, per finire in carcere con altre 77 persone, torturata e stuprata forse nelle stesse tetre stanze in cui ancora oggi risuona la disperazione di molti, tra tutti il nostro connazionale Giulio Regeni, brutalmente ucciso e ancora oggi in attesa che in suo nome sia fatta giustizia.



    L’Egitto, come molti altri paesi, è scandalosamente ostinato a violare i diritti di ognuno, punendo l’omosessualità al pari della prostituzione con una legge risalente al 1961. Purtroppo però, per quanto tali realtà si possano credere lontane anni luce, desta stupore che gli Stati Uniti, terra in cui la democrazia e la libertà sono valori continuamente proclamati (forse anche da chi non ne conosce a fondo il significato) abbiano sancito solo ieri, con una sentenza della Corte Suprema, che gay, lesbiche, bisex e transgender non potranno più essere discriminati, in particolare sul posto di lavoro.

    Una pronuncia non scontata, che ha aperto un acceso dibattito basato sull’interpretazione del Titolo VII del Civil Rights Act, secondo cui si definiscono le pari opportunità di impiego e si rifiuta ogni tipo di discriminazione basata su etnia, religione, nazionalità e genere sessuale. In questo modo, il divieto di discriminazione di genere, riguardante quindi un uomo o una donna, non garantiva, fino a prima di tale sentenza, i diritti della comunità Lgbt. Sono servite, dunque, le parole del Presidente della Corte Suprema Roberts, per chiarire che il riferimento al sesso non possa che comprendere anche l’orientamento sessuale, rifiutandone ogni discriminazione.

    Servirà tempo e sarà necessario ancora riempire le piazze per far sì che persone come Sarah possano esprimere la propria libertà, in ogni sua forma, senza che vi siano pregiudizi o violenze a impedirlo, senza che si possa credere che l’unica scelta sia preferire “il cielo, perché più dolce della terra”, ma, al contrario, poter decidere di rimanere con i piedi saldi a terra, di alzare la testa al cielo e sognarlo pieno di arcobaleni.

    Marco Barbato




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