Per la Dda di Napoli i Cesaro avrebbero fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo al clan Puca” di Sant’Antimo, il Comune in provincia di Napoli di recente sciolto per infiltrazioni mafiose.
I fratelli Luigi, Antimo, Aniello e Raffaele Cesaro, tutti sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Per il senatore Luigi Cesaro (Fi), i pm antimafia hanno chiesto il carcere, misura cautelare pero’ che il gip Maria Luisa Miranda ha voluto rigettare. Su quella posizione si e’ riservata la decisione in attesa dell’eventuale autorizzazione all’utilizzo di conversazioni “casualmente” registrate quando il parlamentare era nell’auto di un indagato intercettato. Per i magistrati dell’Ufficio inquirente, guidato dal procuratore Giovanni Melillo, i Cesaro avrebbero favorito gli investimenti del clan, guidato prima da Pasquale Puca, poi da Amodio Ferriero e in epoca recente da Lorenzo Puca. Denaro frutto di attivita’ illecite finito nel settore edile/immobiliare, ma non solo. “Come gia’ accaduto nelle precedenti contestazioni che mio malgrado mi hanno coinvolto, i fatti si incaricheranno di dimostrare la mia assoluta estraneita’ a qualsiasi addebito. Con animo assolutamente sereno affrontero’ anche questa prova”, dice il senatore, gia’ presidente della Provincia di Napoli. Antimo Cesaro, l’unico dei fratelli per i quali e’ stato disposto il carcere (ad Aniello e Raffaele sono stati notificati i domiciliari) e’ accusato di avere realizzato, con la gestione di un importante centro diagnostico, l’Igea di Sant’Antimo, una societa’ occulta con il boss Pasquale Puca, consentendogli di riciclare i proventi delle sue attivita’ illecite. All’anziana madre del capoclan, Teresa Pappadia, 77 anni, (destinataria di un obbligo di presentazione alla pg per ricettazione aggravata dalla finalita’ mafiosa) viene contestato di avere ricevuto, nel corso degli anni, danaro dai fratelli Cesaro, frutto delle societa’ di fatto costituite dagli imprenditori e dal figlio. I Cesaro avrebbero anche favorito l’infiltrazione della camorra e il condizionamento degli organi amministrativi comunali di Sant’Antimo, in particolare dell’Ufficio Tecnico Comunale. Oggi i carabinieri hanno trovato a casa di un dirigente comunale, Claudio Valentino, oltre 43mila euro in contanti. Il maxi blitz del Ros ha decapitato ben tre clan – i “Puca”, “Verde” e “Ranucci” – attivi a Sant’Antimo e comuni limitrofi. Li’ la camorra aveva messo in piedi una fitta rete di ‘cointeressenze’ sia in ambito politico che imprenditoriale orientando la scelta democratica in occasione delle elezioni del 2012 e del 2017 verso personaggi proni ai loro desiderata. E quelli che si intromettevano venivano minacciati com’e’ capitato ad alcuni consiglieri comunali durante le campagne elettorali. Tra i destinatari delle misure cautelari – 59 in tutto quelle notificate, 38 arresti in carcere (uno notificato a Lucerna, in Svizzera, a un presunto affiliato al clan Verde), 18 ai domiciliari, due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e una sospensione dai pubblici uffici – figurano politici, commercianti, medici, imprenditori e anche due carabinieri infedeli: entrambi avrebbero aiutato la camorra. Uno, in particolare, si sarebbe reso complice di una simulazione di reato, un finto atto intimidatorio ai danni di un funzionario comunale ritenuto colluso con il clan. Un episodio in realta’ mai avvenuto e denunciato solo per fugare i dubbi sul suo operato. Uno dei due militari e’ passato dai domiciliari al carcere. L’altro e’ stato sospeso dal servizio. Sequestrati infine beni per oltre 80 milioni tra cui il centro ‘Il Molino’ di Sant’Antimo.
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