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SOGLIE di Martina Esposito, ospite della Mostra Pandemica DICIANN9VE – 19 maggio ore 19



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“Questa stanza non ha più pareti”… SOGLIE la risposta artistica di Martina Esposito all’emergenza sanitaria, ospite della Mostra Pandemica DICIANN9VE

 

La fruizione classica delle arti, in questo momento storico, è in serio pericolo: la pandemia generata dal Coronavirus ha letteralmente mandato all’aria centinaia di mostre, installazioni, espressioni artistiche che prevedevano l’afflusso e la presenza di persone. Una condizione che ci impoverisce un po’ di più, giorno dopo giorno. Ma l’arte non si può nè deve fermare e non si può fermare il flusso degli artisti.
Da qui l’idea per Diciann9ve la mostra pandemica in scena il 19 maggio alle ore 19.00 sui canali social del collettivo Kaos 48: 19 opere di artisti da tutto il mondo per “allestire” uno spazio web dove l’arte possa trovare finalmente respiro.

Tra i progetti scelti emerge SOGLIE vera e propria “Resistenza” in un periodo senza precedenti: la risposta artistica di Martina Esposito ai diari di quarantena scanditi durante l’emergenza COVID-19…vedute dai balconi, mascherine, cadaveri. Una risposta ad un immaginario teso, che ha penetrato le nostre abitudini visive. “Le pareti della mia casa cominciavano a farsi strette e pesanti, come mai le avevo sentite prima. Abito in un appartamento piuttosto piccolo, al primo piano, e ho le sbarre alla finestra” commenta Martina Esposito promettente fotografa partenopea “Ho ascoltato «Il cielo in una stanza» e dal verso «questa stanza non ha più pareti»: ecco l’idea, una visione. Ho trasformato le mura che ci rinchiudono, nel mondo che c’è fuori, quel mondo in cui vogliamo tornare. Tecnicamente stanze, corridoi, sono diventate camere oscure. Ho oscurato porte e finestre e ho praticato un foro stenopeico nell’impalcatura creata per coprire la finestra, la fisica ha fatto il resto. La scoperta della camera oscura è antica, e meravigliosa. Dal foro stenopeico la luce proietta sulle pareti la vita che c’è fuori, che non si è fermata. Ho usato poi uno specchio ellittico per creare dei riflessi.”
Diversi i progetti della fotografa: tutti reportage, con focus sul sociale, come “Tra le Braccia di Salmace” che racconta di 4 donne transessuali attraverso la mitologia greca, presentato a al Setup Contemporary Art Fair di Bologna e vincitore del premio per la fotografia nel 2018. Nel 2019 invece “L’uomo del non luogo è un criminale in potenza” racconta la realtà rom del campo di Secondigliano, e traccia le architetture e gli stereotipi che si sono costruiti nei secoli su questo “popolo di nomadi”.


Quello che invece racconta SOGLIE, è molto di più della necessità di mantenere un contatto col mondo esterno. L’evasione che fa da spinta al progetto è totale: riguarda lo spazio domestico, le abitudini che abbiamo imparato a considerare scontate, la condizione della generazione senza futuro per eccellenza (i millennials). Il “fuori” e il “dentro” diventano un universo, unico e simbiotico per sottrarsi all’annichilimento.
Il titolo scelto per il progetto fotografico fa quindi riferimento ai confini che abbiamo costruito dentro di noi e a quelli oggettivi che ci limitano dall’esterno. La parola soglia ha infatti molti significati: la soglia percettiva, la soglia come inizio, come confine tra due mondi, la soglia di sopportazione, una scelta quella del titolo generata in modo assolutamente naturale.

SOGLIE parla di ciò che inizia e di ciò che finisce, ciò che separa e che, inaspettatamente, riunisce.
La forza di quest’idea è stata paradossalmente il lockdown stesso, e già professionisti del settore e dell’ambito artistico hanno “subito” il fascino di questo processo creativo. Le pareti non sono più sterile perimetro, smettono di essere i confini di una prigione, regalando all’osservatore un senso meraviglioso di libertà e liberazione; un’emozione di cui, adesso più che mai, si ha disperatamente bisogno.
L’ambizioso progetto vuole dare una visione alternativa del mondo a cui apparteniamo nei suoi aspetti sempre evidenti ai nostri occhi ma allo stesso tempo più nascosti. Un’introspezione unica e tutta nuova che passa attraverso la realtà esterna che è sempre parte di noi, ma che in questo momento ci appare più che mai lontana.
L’idea “Diciann9ve” come mostra “pandemica” poteva essere sviluppata solo online viste le attuali restrizioni, il web ha avuto però come risvolto la possibiltà di abbattere i confini e allargare la partecipazione al di fuori del territorio campano e italiano.
Indubbiamente non si può sostituire l’esperienza e il pathos che un evento culturale dal vivo può generare in ognuno di noi, infatti è in previsione la proposta di questo Evento anche dal vivo, il web resta comunque un elemento importante, aggiuntivo per la divulgazione dell’arte e della cultura in tutto il mondo, da affiancare al metodo tradizionale, anche quando tutto sarà tornato “normale”.

Kaos 48 nato da un’idea di Fabrizio Scomparin e sostenuto da Stefano Nasti e Paola Cimmino – dal nome emblematico, che riprende le vicende della rivoluzione del 1848 – è una realtà che si sta consolidando nel mondo degli eventi artistici, con il preciso intento di mostrare che Napoli non solo accoglie cultura, ma la restituisce arricchendola
Le limitazioni alla quotidianità sono state parte integrante della nostra vita, in questo periodo di quarantena dovuto all’emergenza sanitaria. Le attività che scandivano la nostra precedente «normalità» non torneranno a essere quelle di sempre neanche una volta terminata la fase critica dell’emergenza e stanno già assumendo nuove modalità.

Il mondo si è fermato, eppure la vita continua, deve continuare.
Si riparte, dunque, ma dovendo necessariamente reinventarsi, in nome della responsabilità e della tutela del prossimo, in particolare del più debole.


Articolo pubblicato il giorno 19 Maggio 2020 - 12:50

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