In un Paese di poeti, santi e navigatori, oltre che di virologi, ci stiamo scordando del calcio. Un’azienda italiana dall’alto fatturato, un fatto sociale, una tradizione antica. Spadafora non è all’altezza di decidere, i vertici federali stentano a trovare persino i protocolli giusti e faticosamente sperano di portare, sul tavolo decisivo, quell’unione di intenti che sarebbe fondamentale in situazioni del genere. Il Covid 19 non può ammazzare la versione italiana del gioco più bello del mondo, non è giusto e non è opportuno manco ipotizzarlo. Per evitare il tracollo, a giugno bisogna ripartire almeno coi campionati di A e B, in sicurezza ma ripartire. Intanto, parallelamente, c’è da mettere mano a riforme strutturali, dai format dei campionati allo status dei professionisti di terza fascia. Occorre uscire dal tunnel proponendo novità vere. E’ questo il compito del calcio. Invece quello del governo, una volta garantire dal calcio stesso le misure sanitarie idonee, è il dar via libera ad una ripartenza fondamentale.
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