E’ stata inaugurata oggi a Napoli la mostra “Hidetoshi Nagasawa. Sotto il cielo e sopra la terra”, curata da Anna Imponente, direttore del Polo museale della Campania, realizzata con Paolo Mascilli Migliorini, direttore di Palazzo Reale in collaborazione con la Fondazione CAMUSAC-Cassino Museo D’Arte Contemporanea di Cassino, diretta da Bruno Corà, con il prezioso contributo di Ryoma Nagasawa. Dopo l’installazione dello scorso anno di Uemon Ikeda, che con il suo fragile filo rosso avvolse l’architettura dell’edificio, Palazzo Reale incontra nuovamente l’arte orientale con una mostra dedicata al grande artista giapponese Hidetoshi Nagasawa.
Scultore tra i più noti a livello internazionale, Nagasawa ha saputo far dialogare la cultura occidentale e quella orientale, fin da quel viaggio di iniziazione in bicicletta durato un anno e mezzo che intraprese nel 1966 dal Giappone all’Italia, attraverso l’Asia, la Turchia, passando per Brindisi, fino a Milano. L’esperienza del viaggio è stata per NagaRoma, 10 dic. (askanews) – sawa il fulcro artistico e filosofico delle sue creazioni e ponte tra culture. In una delle sue ultime e rare interviste l’artista ha dichiarato: “per capire una cultura ce ne vuole sempre un’altra”. L’esposizione porta all’attenzione del pubblico la capacità di Nagasawa di creare opere in perfetta armonia con il tutto, in cui l’idea di sospensione e il senso di galleggiamento nello spazio acquisiscono centralità. Anna Imponente così afferma: “le installazioni di Nagasawa calate nella architettura razionale delle forme geometriche tardo manieriste di Palazzo Reale esprimono, in opposizione, il concetto estetico e filosofico del “Ma”, l’intervallo dello spazio “vuoto” tra più elementi strutturali, in posizioni indefinite e sospese.”
Il principio antigravitazionale è evidente nelle grandi sculture esposte: nel Cortile d’Onore, la maestosa Pozzo nel cielo, 1995-2014 (200 x 1000 x 1000 cm); Barca, 1983-1988 (60 x 350 x 80 cm) di ottone e carta si aggrappa alle pareti dello Scalone monumentale di accesso; Groviglio di quanta, 2014 (525 x 40 x 40 cm) e Matteo Ricci, 2010 (50 x 360 x 360 cm), composta da otto elementi in marmo di Carrara e acciaio adagiati a terra, sono opere in cui il ferro e il marmo creano un gioco di incastri solo apparentemente vacillanti. Le installazioni si appoggiano con improbabili equilibri, che abitano lo spazio con forza e leggerezza e in cui la solidità dei materiali e la geometria caotica delle forme si contrappongono agli spazi dell’edificio. In mostra anche una selezione di opere grafiche in cera e carboncino che configurano galassie e paesaggi, e riecheggiano dell’idea di uno spazio delimitato e concluso tipico dei giardini orientali.
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