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Le sezioni unite della Cassazione bocciano il Decreto sicurezza



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La Suprema Corte ha sostanzialmente bocciato l’interpretazione e lo spirito della riforma perseguita dall’ex Ministro dell’Interno. Ora le Commissioni Territoriali si potrebbero trovare a dover riesaminare migliaia di richieste per le quali, dal 5 ottobre 2018, si sono astenute con ulteriore danno alle finanze pubbliche.Il 13 novembre 2019 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno depositato la sentenza n. 29460/2019 che riguarda due temi di stretta attualità e di immediata rilevanza per il sistema di accoglienza nel nostro paese: l’applicazione a coloro che avevano già presentato domanda di protezione internazionale del decreto legge n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018 – cd. decreto sicurezza, così eliminando dall’ordinamento la possibilità di ottenere un permesso per protezione umanitaria e i presupposti per il riconoscimento di questa forma di protezione.

Con la sentenza di ieri le Sezioni Unite hanno aderito a quello che rappresenta l’orientamento maggioritario dei giudici di merito e della Cassazione stessa (tra tutte: sentenza n. 4890/2019), ritenendo irretroattivo il decreto sicurezza (e, quindi, consentendo il rilascio del permesso per motivi umanitari a tutti coloro che abbiano presentato domanda di protezione nel nostro paese prima del 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore della nuova normativa) e confermando a tal fine la necessità della valutazione comparativa tra l’integrazione sociale del richiedente asilo in Italia e la condizione a cui sarebbe stato esposto in caso di rientro nel paese, in termini di violazione dei diritti fondamentali.

La causa che aveva dato occasione per il rinvio alle Sezioni Unite era stata proposta dal Ministero dell’Interno contro una decisione della Corte d’Appello di Trieste, che non aveva effettuato detta comparazione; pertanto la Cassazione ha rinviato a detta Corte territoriale affinché applichi nel caso specifico i principi giurisprudenziali affermati dalle Sezioni Unite.


E’ di tutta evidenza che la Suprema Corte ha sostanzialmente bocciato l’interpretazione e lo spirito della riforma perseguita dall’ex Ministro dell’Interno, dichiarandola non rispondente al nostro ordinamento. Sono quindi del tutto fuorvianti e manipolatorie le affermazioni secondo le quali le Sezioni Unite della Cassazione avrebbero dato ragione all’ex Ministro dell’Interno.

E’ vero l’esatto contrario. Il decreto legge n. 113/2018 ha eliminato una clausola di salvaguardia dell’intero sistema (anche) della protezione internazionale, senza preoccuparsi né dell’esistenza di precisi obblighi costituzionali ed internazionali sottesi all’art. 5, co. 6 TU immigrazione, né degli effetti che l’abrogazione del permesso di soggiorno avrebbe provocato.Tra essi possono annoverarsi l’abnorme percentuale di rigetti delle domande di protezione internazionale, l’aumento vertiginoso del contenzioso giudiziale con danni enormi alle finanze pubbliche, la creazione di una moltitudine di irregolari, esposti a sfruttamento lavorativo e che favoriscono il lavoro nero, con ulteriori danni all’erario pubblico.L’insicurezza provocata dal decreto legge n. 113/2018 è stata oggi in parte attenuata grazie alla Corte di cassazione e ora le Commissioni territoriali si potrebbero trovare a dovere riesaminare migliaia di richieste per le quali, dal 5 ottobre 2018, si sono astenute dall’esaminare anche la protezione umanitaria, con ulteriore danno alle finanze pubbliche.


Articolo pubblicato il giorno 15 Novembre 2019 - 10:19

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