Sabato 13 luglio alle 21.30 la formazione torna nel cortile del Maschio Angioino con “Paese mio bello – L’Italia che cantava e canta”. Villanelle, il ‘700 napoletano, la canzone d’autore, e tante incursioni in Francia, Messico, Veneto, Sicilia.
L’atelier del bel canto ha casa qui. Gli artigiani della musica sono Lello Giulivo, Gianni Lamagna, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi. Lo spettacolo è “Paese mio bello – L’Italia che cantava e canta”, un concerto a quattro voci e le chitarre di Michele Bonè e Paolo Propoli, per cantare Napoli e non solo. Dopo quarant’anni i protagonisti si ritrovano, come un’altra Estate a Napoli, la prima, ancora in quel Maschio Angioino, straordinario scenario naturale di appuntamenti memorabili. Villanelle, il ‘700 partenopeo e le canzoni degli anni ’40 e ’50. In scena nel cartellone di Estate a Napoli, sabato 13 luglio alle 21 al Maschio Angioino a cura dell’associazione Di musica in musica. Da quarant’anni questa formazione costruisce un percorso di ricerca musicale che ha dentro mille anime difficili da raccogliere in un solo spartito. Ci sono gli esordi comuni con Roberto De Simone e un mondo di note anche legato alla storia più viscerale, ma poi questo magma si allarga e va oltre. La tappa obbligata, ma non scontata, della radice napoletana, per inglobare anche mondi che sembrano molto lontani, come la canzone d’autore, quella popolare anche internazionale, la Francia. E poi il Veneto, la Sicilia. E se c’è un respiro comune è proprio Parigi. L’ampiezza dell’orizzonte ricorda i boulevard parigini, poi ci si imbatte nel cappellaccio di un messicano, nella “sgarbata” ironia di un canto tradizionale siciliano. Ma c’è molto, molto di più in questo atelier dalle luci soffuse che sul palco offre sempre una scenografia di fiori coloratissimi. Eleganza, forza, struggimento a volte, commozione, risate, divertimento. La musica incanta e diverte, sogna e stringe il cuore a mezza voce, o dilaga in un acuto predominante e, al tempo stesso, drammatico. Paese mio bello è tutto questo, ma è tanto di più. E la speranza, l’auspicio è che una brezza accompagni parole e note e le porti verso il mare, come omaggio di riconoscenza alla madre Partenope, affinché possa farne un piccolo dono di questa città fragile e volitiva, al resto del mondo, dall’altra parte delle onde.
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