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Viareggio 10 anni dopo, tra sentenza e muro di colori Street art

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Una nuova sentenza e un muro da pitturare sono gli elementi nuovi con cui Viareggio si appresta a celebrare l’anniversario numero dieci della strage ferroviaria che il 29 giugno 2009 la devasto’ con un incendio violentissimo, che supero’ i binari, entro’ nelle case e uccise 32 persone. La sentenza e’ quella di appello letta oggi a Firenze e che fa seguito a una lunga vicenda giudiziaria pazientemente seguita dai familiari delle vittime. Il muro e’ quello che in questi giorni s’inizia a decorare in via Ponchielli con graffiti, disegni o affreschi, parola nobile spesa da chi, per un rione popolare, vuole alludere alla pittura murale di chiese e palazzi. Non e’ un muro qualsiasi e, forse, e’ un simbolo. Quel muro, a protezione del rione di via Ponchielli, epicentro del disastro, e’ la barriera parafiamme (o paraurti) che gli abitanti lungo la ferrovia chiedevano di erigere da anni a difesa delle loro vite. Tutti in citta’ sono convinti che, se ci fosse gia’ stato, avrebbe potuto almeno mitigare le conseguenze dell’esplosione del vagone merci con gas gpl che deraglio’ per un’avaria. Il muro poi e’ stato fatto e ora, in queste settimane, le autorita’ hanno deciso di farlo colorare. In quella zona alle 23.48 del 29 giugno 2009 il fuoco dell’esplosione invase Viareggio distruggendola come in un fronte di guerra. Gli effetti furono simili a un bombardamento, le conseguenze analoghe. Ci furono le vittime, gli ustionati gravi, le distruzioni, gli eroismi come quello del macchinista del treno merci che accortosi dell’incidente mantenne sangue freddo e tiro’ via dalla stazione quello che rimaneva del convoglio affinche’ non ci fossero altri scoppi, conseguenze peggiori. Colpirono l’opinione pubblica le vicende personali di morti e superstiti. Quella di Leonardo Piagentini che aveva 8 anni, morti la madre Stefania Maccioni e i fratellini Luca e Lorenzo mentre il padre Marco sopravvisse alle ferite e ora e’ un punto di riferimento dei familiari delle vittime. O quella della marocchina Ibitzen Ayad, che perse i genitori e due fratelli nell’incendio e rimase sola nel mondo. Viareggio fu una piccola Pompei. Rosario Campo, 42 anni, era tornato indietro col motorino a riprendere il cellulare dimenticato: le fiamme lo incenerirono nella strada parallela alla ferrovia, il corpo rannicchiato nella posizione di guida fu pietosamente coperto dal telo dei soccorritori. Pare che sia stata la prima vittima. Un altro, Antonio Farnocchia, 51 anni si avviava al forno dove lavorava, percorreva la passerella sopra la ferrovia ma le fiamme lo raggiunsero in altezza e lo incenerirono, fu perfino dato disperso. Quando l’incendio colpi’ la gente usci’ dalle case e tento’ di scappare in strada, molti ce la fecero, ma altri furono raggiunti dalle lingue di fuoco e uccisi. Oggi il Terminetto e’ un quartiere riqualificato e nei suoi pressi la ‘Casina dei ricordi’ custodisce la memoria del disastro. Non c’e’ piu’ la passerella che collegava il rione al centro storico, abbattuta, mentre il sottopasso di cui si parla da anni, come alternativa, ancora i residenti lo chiedono. E i treni merci? Transitano ancora accanto alle case ma ora devono rispettare una velocita’ massima di 50 km orari.

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