Un “cartello mafioso che controlla in maniera pervasiva le attività criminali dell’intera area metropolitana di Napoli”, una “camorra che ha le mani sulla città”. Così il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha definito l’Alleanza di Secondigliano, cartello criminale sul quale si sono concentrate le indagini della Dda di Napoli culminate in oltre 120 arresti. “Questo cartello mafioso – ha spiegato Melillo – controlla in maniera pervasiva il complesso delle attività criminali che si svolgono sul territorio, ha una struttura federativa, ciascun gruppo è dotato di ampi margini di autonomia organizzativa e operativa, ma al contempo esiste una funzione direttiva comune alla quale sono affidate le decisioni sulle questioni più importanti”. L’Alleanza di Secondigliano, ha aggiunto Melillo, “ricorre solo in casi estremi all’omicidio, esercita una pressione estorsiva asfissiante su ogni genere di attività commerciale, controlla direttamente o tramite prestanomi un numero impressionante di attività d’impresa nei settori più disparati. Abbiamo documentato il controllo mafioso della struttura sanitaria dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli che era la sede sociale dell’organizzazione mafiosa. ‘Il clan Contini, in particolare, “controllava ogni aspetto – ha spiegato Melillo – del funzionamento dell’ospedale, a partire dalle forniture e perfino le relazioni sindacali passavano per l’intermediazione camorristica”. Il San Giovanni Bosco era divenuto una “base logistica indispensabile per il clan”, ha detto Melillo.
“Il controllo mafioso del funzionamento dell’ospedale San Giovanni Bosco si realizzava attraverso la partecipazione anche di sanitari, a volte indotta dalla paura e a volte dalla coincidenza di interessi. Era noto anche alle altre organizzazioni. Ci sono collaboratori di giustizia che hanno raccontato che gli altri clan, quando avevano bisogno di prestazioni illegali, non facevano altro che rivolgersi agli uomini del clan Contini. Le pagine del giudice descrivono un sistema allarmante, come allarmante è anche il quadro che emerge dalle indagini in corso. Dal punto di vista – ha sottolineato il procuratore di Napoli – i fatti relativi a questa misura cautelare si fermano al 2016, le indagini relative alle attività successive sono ancora in corso e quindi riservate”.
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