Non è la trattativa Stato-Mafia di Palermo ma a livello napoletano è una trattativa inquietante tra la camorrastragista quella del clan Gionta di Torre Annunziata e un pezzo di Stato corrotto: una parte dei carabinieri del comando gruppo di Torre annunziata. A raccontarla ieri nell’aula del Trubunale di Torre Annunziata, è stato il boss Francesco Casillo,detto a vurzella, noto narcotrafficantedel Piano Napoli di Boscoreale con legami con i clan di Secondigliano. Il boss ha raccontato i suoi legami e i suoi affari con un pezzo di Stato corrotto. E tra gli episodi citati c’è stato quello dell trattativa avvenuta il 6 giugno del 2008 durante le concitate fase delle indagini seguite alla rapina sfociate nel sangue all’ufficio postale di Pagani dove fu ucciso il tenente dei carabinieri Marco Pittoni. Quel giorno il clan Gionta si rivolse a lui per nascondere Carmine Maresca, appena 16enne e figlio del killer giontiano Luigi ‘o trippone, e che era colui che aveva ucciso Pittoni nel corso della rapina. “Chiesi a Orazio Bafumi 8uno dei suoi fedelissimi ndr) di accompagnarlo a Sabaudia. Poi i carabinieri vennero da me, trattai con Palazzo Fienga e alla fine, tramite un affiliato, ottenni il nulla osta da Gemma Donnarumma, la moglie di Valentino Gionta. Parlai con la mamma del ragazzo e lo feci consegnare”. Il boss oltre all’episodio della trattativa, come riporta Il Mattino, ha anche parlato di due episodi di corruzione. Quello in cui ha tirato in ballo il maresciallo Francesco Vecchio, oggi in congedo, assolto in abbreviato: “Lui e Desiderio irruppero in un ristorante di Napoli per arrestare Vincenzo Pisacane, un latitante del clan Gionta. Eravamo al tavolo insieme con i suoi avvocati, ma promisi a Vecchio 40mila euro per non arrestarmi di nuovo, ero stato appena scarcerato. Mi fece andare a casa senza problemi”. Una versione confermata anche dai verbali dell’arresto di Pisacane, ritenuto il cassiere dei Gionta in cui il nome di Casillo non compare mai.
Poi ha raccontato del maxi sequestro di droga nel porto di Napoli. A gennaio 2009, ha raccontato Casillo, “per far fare bella figura ai carabinieri mi accordai con i carabinieri per far ritrovare un container carico di cocaina e chiede la restituzione di metà della droga. Erano 300 chili me ne hanno restituiti solo 66”.
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