Strage bus, ira dopo la sentenza e minacce al giudice. La Procura verso il ricorso in appello

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Avellino. Momenti di tensione alla lettura del dispositivo di sentenza che ha messo la parola fine al processo di primo grado nei confronti dei vertici di Autostrade meridionali e degli altri imputati accusati di omicidio colposo per il disastro del bus nella scarpata di Avellino. I familiari delle vittime hanno accolto con rabbia l’assoluzione dei vertici di Autostrade per l’Italia e non sono mancate urla e minacce anche nei confronti del giudice Luigi Buono. “Schifo”, “Vergogna”, “Venduti” hanno gridato dopo la sentenza, dal pubblico che assiepava il tribunale di Avellino anche invettive contro il giudice monocratico, autore della sentenza: “Esci, ti aspettiamo”. Il clima è rimasto teso a lungo, poi la situazione è tornata tranquilla. “Questa è l’Italia – ha detto Giuseppe Bruno, presidente del comitato che riunisce le famiglie delle vittime – dove i poteri forti mettono a tacere la verità e la giustizia”. La sentenza è arrivata dopo 2 anni e 4 mesi dalla prima udienza del 28 settembre 2016, dopo il rinvio a giudizio per i 15 imputati avvenuto il 9 maggio dello stesso anno. Oltre a Giovanni Castellucci, ad di Autostrade per l’Italia, sono stati assolti Riccardo Mollo, ex condirettore generale di Autostrade; Michele Maietta, uno dei dirigenti che dal 2010 si sono succeduti alla direzione del VI Tronco di società Autostrade a cui è affidata la manutenzione e la sicurezza; Massimo Fornaci, responsabile del settore Pavimentazione e barriere di sicurezza; Marco Perna, responsabile del progetto di “sostituzione e potenziamento delle barriere di sicurezza” dell’A16 Napoli-Canosa; Antonio Sorrentino, coordinatore del Posto di manutenzione-Centro di servizio. Nei loro confronti, la accusa aveva chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. Confermata la richiesta del procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, per Gennaro Lametta, proprietario del bus e titolare dell’agenzia Mondo Travel, condannato a 12 anni di reclusione. Antonietta Ceriola, la dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli, accusata di aver falsificato la revisione dell’automezzo dopo essersi introdotta nel sistema informatico, è stata condannata a 8 anni di reclusione rispetto ai 9 richiesti. Pene quasi dimezzate per gli ex responsabili succedutisi alla direzione del VI Tronco: Paolo Berti (5 anni e 6 mesi), Michele Renzi (5 anni), Nicola Spadavecchia (6 anni), Bruno Gerardi (5 anni), Gianluca De Franceschi (6 anni), Gianni Marrone (5 anni e 6 mesi). La sentenza non soddisfa né i parenti, né la Procura. Il procuratore capo Rosario Cantelmo che ha seguito in prima persona l’inchiesta e il processo si prepara a ricorrere in appello non appena saranno depositate le motivazioni del giudice monocratico. Alla fine dell’udienza Cantelmo non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Ma le richieste di condanna fatte nei confronti dei vertici di Autostrade sono indicative delle sue conclusioni alla fine dell’istruttoria dibattimentale.


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