Voto di scambio a Scafati, il pm deposita foto e fatture del teste chiave. Alla fine Aliberti crolla in aula

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Scafati. Quattro ore di botta e risposta tra accusa e difesa conclusesi con brevissime dichiarazioni spontanee dell’ex sindaco Pasquale Aliberti per scusarsi con i giudici per le sue intemperanze nel corso dell’udienza e per spiegare una delle circostanze emerse dal controesame del capitano della Dia Fausto Iannaccone. Si è conclusa solo nel pomeriggio l’udienza al processo per scambio di voto politico mafioso nel quale è imputato l’ex sindaco di Scafati, la moglie- consigliere regionale di Forza Italia, Monica Paolino, il fratello Nello Maurizio Aliberti, l’ex consigliere Roberto Barchiesi, il factotum Giovanni Cozzolino, l’ex vicepresidente dell’Acse, Ciro Petrucci e Andrea Ridosso, figlio di Salvatore e fratello di Luigi jr, quest’ultimo ritenuto uno dei capi del gruppo criminale Loreto-Ridosso. Quattro ore sono bastate a stento alla difesa dell’ex sindaco – affidata agli avvocati Silverio Sica e Giuseppe Pepe – per concludere il controesame di uno degli investigatori che ha coordinato le indagini che hanno condotto al processo ‘Sarastra’. E non sono mancate schermaglie e colpi di scena, con l’avvocato Pepe e Aliberti che hanno premuto molto sull’attendibilità di uno dei testi chiave del processo, l’imprenditore Aniello Longobardi, e sui riscontri investigativi fatti dalla Dia, sezione di Salerno, rispetto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alfonso Loreto. La difesa ha più volte insinuato che Longobardi – le cui dichiarazioni sono state acquisite attraverso la formula dell’incidente probatorio – avesse legami diretti con esponenti della criminalità organizzata in particolare con i Ridosso e che non fosse vittima di questi ma compiacente, tanto che avrebbe spinto per far nominare Ciro Petrucci alla vicepresidenza dell’Acse. Circostanze smentite dai fatti e dalla ricostruzione degli inquirenti. L’accusa infatti pone a fondamento del patto politico mafioso tra Aliberti e i Ridosso, anche la nomina di Petrucci all’Acse, voluta da Luigi Ridosso di cui l’ex vicepresidente era grande amico tanto che nel corso delle indagini sono emersi centinaia di contatti telefonici tra i due. Altro elemento alla base del voto di scambio – secondo la Procura – tra Aliberti e i Ridosso sarebbero gli incarichi che Andrea Ridosso, aspirante candidato consigliere escluso dalle liste di Aliberti a causa del ‘nome’ ingombrante, ha avuto nel Piano di zona, attraverso due cooperative sociali. Questa circostanza è stata elemento di acceso scambio tra il testimone e la pubblica accusa e la difesa dell’ex sindaco. L’avvocato, posizione poi ripresa da Aliberti nelle dichiarazioni spontanee, ha cercato di far emergere che non vi sia stata ingerenza da parte dell’allora sindaco nell’attribuzione dell’incarico ad Andrea Ridosso. Il Comune di Scafati, allora capofila del piano di zona, ha sostenuto la difesa non aveva contatti con le cooperative. Il capitano Iannaccone ha ricordato che l’affidamento degli incarichi alle cooperative era demandato alla dirigente del Comune di Scafati in ‘prestito’ al Piano di zona, Maddalena Di Somma, poi denunciata per turbativa d’asta proprio in merito a quelle attribuzioni.
La difesa ha provato a sostenere l’inattendibilità del teste chiave Aniello Longobardi, ma anche in questo caso la Procura ha calato l’asso: mettendo agli atti le foto che ritraggono una riunione elettorale a favore di Monica Paolino, moglie di Aliberti, per la campagna elettorale delle Regionali, organizzata nell’azienda dell’imprenditore, foto corredate da fatture per i manifesti elettorali della candidata e del catering offerto in quell’occasione. Tutto pagato da Longobardi. La documentazione, secondo la procura, testimonierebbe che i rapporti tra Aliberti e Longobardi, in quel momento storico erano buoni, quindi l’imprenditore conserviero conosceva bene i meccanismi utilizzati dalla famiglia Aliberti-Paolino per ottenere voti e aveva una conoscenza diretta di alcuni episodi poi narrati nel corso delle indagini. Le fatture depositate dal pm Vincenzo Montemurro, sono state oggetto di illazioni, da parte dei difensori di Aliberti in merito alla loro veridicità. A quel punto la pubblica accusa ha chiesto la trasmissione del verbale di udienza al suo ufficio per verificare se vi siano ipotesi di reato in merito alle affermazioni del legale di Aliberti.
Ancora a dimostrazione dei buoni rapporti tra Longobardi e Aliberti, il capitano Iannaccone ha ricordato la delibera comunale del 2011 con la quale l’amministrazione Aliberti attribuiva il nome di ‘cavalcavia Longobardi’ ad una strada situata nei pressi della fabbrica dell’imprenditore. Quindi, gli ottimi rapporti intercorsi tra i due – secondo la Procura – testimonierebbero la bontà e la veridicità delle dichiarazioni del testimone-Longobardi.
I difensori dell’ex sindaco hanno depositato, nel corso dell’udienza, alcuni documenti che dimostrerebbero le azioni messe in campo dal politico nel corso dei suoi due mandati elettorali contro la criminalità organizzata. Documenti in parte già proposti nella fase preliminare del processo e nel corso delle indagini. A conclusione dell’udienza, Angelo Pasqualino Aliberti ha chiesto al presidente del collegio Raffaele Donnarumma di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. Aliberti si è scusato con i giudici che nel corso dell’udienza lo hanno più volte ammonito per le sue intemperanze. Visibilmente provato si è difeso sostenendo che non vi fu nessun patto con la camorra locale, che in quel periodo il piano di zona fece circa 50 assunzioni e non solo quella di Andrea Ridosso, dipendente di una cooperativa. Inoltre Aliberti ha sostenuto che anche la promessa di cui ha parlato Alfonso Loreto per la pulizia del sito industriale ex Copmes non è veritiera, in quanto l’area è di proprietà di un consorzio privato e il Comune (l’amministrazione Aliberti ha gestito la reindustrializzazione, ndr) non aveva alcun potere per attribuire appalti nell’area. Chiusa l’udienza, l’ex sindaco – detenuto agli arresti domiciliari – è emotivamente crollato. Si ritornerà in aula il 9 gennaio prossimo quando i legali degli altri imputati potranno controesaminare il teste Fausto Iannaccone. (r.f.)


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