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La difesa ha provato a sostenere l'inattendibilità del teste chiave Aniello Longobardi, ma anche in questo caso la Procura ha calato l'asso: mettendo agli atti le foto che ritraggono una riunione elettorale a favore di Monica Paolino, moglie di Aliberti, per la campagna elettorale delle Regionali, organizzata nell'azienda dell'imprenditore, foto corredate da fatture per i manifesti elettorali della candidata e del catering offerto in quell'occasione. Tutto pagato da Longobardi. La documentazione, secondo la procura, testimonierebbe che i rapporti tra Aliberti e Longobardi, in quel momento storico erano buoni, quindi l'imprenditore conserviero conosceva bene i meccanismi utilizzati dalla famiglia Aliberti-Paolino per ottenere voti e aveva una conoscenza diretta di alcuni episodi poi narrati nel corso delle indagini. Le fatture depositate dal pm Vincenzo Montemurro, sono state oggetto di illazioni, da parte dei difensori di Aliberti in merito alla loro veridicità. A quel punto la pubblica accusa ha chiesto la trasmissione del verbale di udienza al suo ufficio per verificare se vi siano ipotesi di reato in merito alle affermazioni del legale di Aliberti.
Ancora a dimostrazione dei buoni rapporti tra Longobardi e Aliberti, il capitano Iannaccone ha ricordato la delibera comunale del 2011 con la quale l'amministrazione Aliberti attribuiva il nome di 'cavalcavia Longobardi' ad una strada situata nei pressi della fabbrica dell'imprenditore. Quindi, gli ottimi rapporti intercorsi tra i due - secondo la Procura - testimonierebbero la bontà e la veridicità delle dichiarazioni del testimone-Longobardi.
I difensori dell'ex sindaco hanno depositato, nel corso dell'udienza, alcuni documenti che dimostrerebbero le azioni messe in campo dal politico nel corso dei suoi due mandati elettorali contro la criminalità organizzata. Documenti in parte già proposti nella fase preliminare del processo e nel corso delle indagini. A conclusione dell'udienza, Angelo Pasqualino Aliberti ha chiesto al presidente del collegio Raffaele Donnarumma di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. Aliberti si è scusato con i giudici che nel corso dell'udienza lo hanno più volte ammonito per le sue intemperanze. Visibilmente provato si è difeso sostenendo che non vi fu nessun patto con la camorra locale, che in quel periodo il piano di zona fece circa 50 assunzioni e non solo quella di Andrea Ridosso, dipendente di una cooperativa. Inoltre Aliberti ha sostenuto che anche la promessa di cui ha parlato Alfonso Loreto per la pulizia del sito industriale ex Copmes non è veritiera, in quanto l'area è di proprietà di un consorzio privato e il Comune (l'amministrazione Aliberti ha gestito la reindustrializzazione, ndr) non aveva alcun potere per attribuire appalti nell'area. Chiusa l'udienza, l'ex sindaco - detenuto agli arresti domiciliari - è emotivamente crollato. Si ritornerà in aula il 9 gennaio prossimo quando i legali degli altri imputati potranno controesaminare il teste Fausto Iannaccone. (r.f.)
Voto di scambio a Scafati, il pm deposita foto e fatture del teste chiave. Alla fine Aliberti crolla in aula
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