Mano pesante dell'accusa nella requisitoria al processo contro la banda di usurai di Scafati.Potrebbe interessarti
Secondo le accuse Elvira De Maio utilizzava il figlio Lello, per minacciare le vittime di usura tutte le volte che le stesse ritardavano il pagamento degli interessi sfruttando un indole violenta del figlio derivante dal suo stato di tossicodipendenza. Avrebbe sciolto il cane, così diceva le vittime. De Maio annotava i nominativi delle vittime in un'agendina poi ritrovata nel corso del blitz ben nascosta in una cassaforte. Francesco Civaie, avrebbe collaborato con loro depositando anche le somme provento di usura sui propri libretti di deposito e conti correnti intestati a se stesso e prelevava i contanti su indicazione della stessa madre che alla consegna dei soldi alle vittime si presentava come la moglie del defunto boss Antonino Porpora. Per l'accusa un modo chiaro, così come ricostruito durante le udienze, per far comprendere la propria caratura criminale. La De Maio, in caso di problemi, faceva venire le vittime nella casa della madre Gerardina Nastro per sollecitare il pagamento della "rata”. Inoltre Raffaele Porpora in diverse occasioni aveva estorto anche piccole somme alle vittime. Tra le vittime di usura anche una donna che pagava solo di interessi 2mila euro al mese. Intermediari tra usurai e clienti Marianeve Perrotti e suo marito Antonio Davide, detto Tonino ‘o messicano. Il 19 la discussione passa alla difesa prima del verdetto.
Usura a Scafati: chiesti 40 anni di carcere per la gang di Elvira De Maio e figli
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