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Mafia nel foggiano: arrestati il boss Di Tommaso e il suo braccio destro

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I militari del Comando provinciale Carabinieri di Foggia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Dda, nei confronti di due soggetti, ritenuti i vertici dell’organizzazione di stampo mafioso “Di Tommaso”, operante nell’area di Cerignola, nella provincia di Foggia. Si tratta del boss Stefano Ditommaso, di 49 anni, e suo nipote, Antonio Rubbio, di 29 anni.. Per i due l’accusa e’ di estorsione, rapina, autoriciclaggio e violenza privata, aggravati dai metodi mafiosi, ai danni di un imprenditore. Nell’ambito della stessa operazione, i militari hanno effettuato numerose perquisizioni. L’indagine ha avuto inizio a dicembre 2015 a seguito di un furto di una macchina e del rapimento suo proprietario. Nel corso della rapina la vittima, un imprenditore del luogo, sarebbe stata sequestrata e costretta, da quattro individui armati, a salire su un’altra auto, dalla quale poi sarebbe riuscita a fuggire. In quei frangenti l’imprenditore avrebbe riconosciuto il 49enne in uno dei rapinatori. Il 28enne è indagato anche per il reato di autoriciclaggio, poichè, secondo gli investigatori, dopo la rapina avrebbe smontato la macchina per poi rivenderne i pezzi.

Nei mesi successivi, l’imprenditore era stato avvicinato da Stefano Ditommaso (chiamato ‘Taddone’) – gia’ condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso nell’ambito del processo “Halloween” – il quale, in compagnia di altre persone, lo aveva velatamente minacciato ad assumere presso la propria azienda un suo amico che stava per terminare un periodo di detenzione. Nell’occasione, l’imprenditore aveva temporeggiato, ma questo diniego aveva allora provocato un ulteriore episodio, ancora piu’ grave e violento: nel mese di giugno 2016 Ditommaso e un altro uomo si erano recati in un salone di bellezza dove, davanti a numerose persone, a volto scoperto, avevano minacciato l’imprenditore, puntandogli contro una pistola, pretendendo di sapere chi gli avesse riferito che fossero loro i responsabili della rapina subita nel dicembre precedente. Pertanto ai due arrestati e’ stata contestata l’aggravante del metodo mafioso. Gli arrestati sono stati associati al carcere di Foggia, a disposizione dell’autorita’ giudiziaria, mentre tutte le persone che nella vicenda hanno fornito testimonianze false o reticenti sono state a loro volta indagate per favoreggiamento personale aggravato.

 


Articolo pubblicato il giorno 26 Settembre 2018 - 13:38
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