L’inaugurazione con l’Arnie Zane Company, in uno spettacolo creato per Villa Rufolo, “Time: Study: A Week”, è solo l’apertura del ricco programma firmato da Laura Valente, direttrice artistica della sezione della sessantaseiesima edizione del festival, che ha voluto in scena con i solisti della compagnia americana i ballerini campani del progetto Abballamm’!, fiore all’occhiello di un triennale percorso di formazione e residenze. Nel programma di stasera anche musica di Franz Schubert, Quartetto per Archi No. 14 (La morte e la fanciulla), eseguita dal Quartetto d’Archi del Teatro di San Carlo. Domani in Piazza Duomo alle ore 18.00, happening per celebrare il ’68, i ballerini di Abballamm’!, che si confonderanno tra i turisti, daranno vita ad un lungo atto performativo dal titolo-omaggio “See me, feel me” ispirato a Tommy degli Who. Dalla piazza al palco dell’Auditorium Oscar Niemeyer alle ore 21.00 per assistere a due coreografie: “Act of Marcy”, di Antonello Tudisco in prima assoluta, e “Peggy untitled 2013-2018” di Michela Barasciutti produzione dal Ravello Festival.
Per l’omaggio a Peggy Guggenheim si spazia da Picasso a Magritte, da Luigi Nono a Sofia Gubaidulina. La settimana danzante si concluderà con un grande evento, in prima ed esclusiva italiana, dove era iniziata, sul Belvedere di Villa Rufolo, sabato 7 luglio (ore 21.30) con l’opera indagatrice e sperimentale di Wayne McGregor. Il genio inglese con “Autobiography Edits” racconterà le infinite possibili combinazioni del genoma umano mettendo in scena il suo DNA. Sul palco dieci ballerini che si dividono lo spazio in un’associazione stabilita in quel momento al computer da un algoritmo dal quale dipenderà anche la scelta del danzatore e l’ordine dell’esibizione. In tal modo ogni rappresentazione sarà sempre differente dall’altra, unica e irripetibile. Seguiranno “Witness”, il pas de deux con Alessandra Ferri e Herman Cornejo e “Wolf Works”, grandioso omaggio alla celebre scrittrice britannica Virginia Wolf, un’opera in tre atti dove Wayne Mc Gregor affronta coreograficamente la narrativa mutandola in danza, dà forma alle parole attraverso l’uso di movimenti lucidi e determinati in un creazione nata proprio per la Ferri.
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