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Tre persone, ritenute vicine al clan camorristico Maiale attivo nella Piana del Sele, sono finite in carcere, nel Salernitano, con l’accusa di tentata estorsione, lesioni personali aggravate dal metodo mafioso, in concorso, e calunnia: reato contestato solo a due degli indagati. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita dai carabinieri, è stata emessa su richiesta della Dda salernitana. I provvedimenti restrittivi scaturiscono da un’indagine avviata dopo la denuncia di due commercianti di Eboli. – “Non hai capito con chi hai a che fare”. Per chiedere il ‘pizzo’ ad alcuni commercianti di Eboli, i tre arrestati ricordavano l’appartenenza al clan Maiale, attivo nella Piana del Sele, a Sud di Salerno. Devono rispondere, in concorso, di tentata estorsione, lesioni personali aggravate dal metodo mafioso e, due di loro, anche di calunnia. Tra loro, Giovanni Maiale, nipote e omonimo del capoclan, in carcere nell’ambito dell’operazione eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Salerno. L’indagine e’ nata nel maggio scorso dopo l’immediata denuncia dei titolari di due supermercati di Eboli che hanno raccontato di aver subito un tentativo di estorsione In particolare, è emerso che l’8 maggio scorso, gli arrestati hanno tentato un’estorsione ai danni dei due titolari di un supermercato della cittadina del Salernitano, minacciandoli ed evocando la loro appartenenza al clan Maiale. Gli indagati – spiega in una nota il procuratore di Salerno, Corrado Lembo – hanno intimato alle vittime di consegnare loro mensilmente denaro e hanno anche aggredito uno dei commercianti procurandogli lesioni giudicate guaribili in venti giorni. Dopo l’accaduto, i malviventi hanno tentato di sviare le indagini. I due che dovranno rispondere anche del reato di calunnia si sono recati presso la Stazione dei carabinieri di Eboli e hanno sporto una querela per lesioni personali nei confronti dei proprietari del supermercato con cui avevano avuto una colluttazione dichiarando, falsamente, di essere stati vittime di minacce e di aggressione. Le immagini del sistema di videosorveglianza installato presso l’esercizio commerciale hanno dimostrato che i fatti si erano svolti diversamente ossia come raccontato dai negozianti.
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