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Salerno, agguato a Fratte: fine pena mai per il figlio del boss e i complici



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Una sentenza arrivata in tarda serata dopo quasi dieci ore di camera di consiglio. Ergastolo per esecutori materiali e mandante del duplice omicidio consumatosi nel 2015 a Fratte per ordine del boss di Ogliara, Matteo Vaccaro. Con quel delitto l’ormai vecchio boss voleva vendicarsi dell’affronto subito da Antonio Procida e riaffermare il controllo del territorio.
I fatti sono accaduti nel Maggio del 2015 quando Antonio Procida ed Angelo Rinaldi persero la vita dopo un agguato crivellati da tre colpi di pistola. Ergastolo per Matteo Vaccaro, Roberto Esposito e il Guido Vaccaro. Duplice omicidio volontario e premeditato sono queste le accuse che pendevano sul capo degli imputati incastrati grazie al servizio di videosorveglianza. Le immagini hanno registrato tutti gli spostamenti dei killer e grazie anche ad una serie di testimonianze tra cui quella del pentito Sabino De Maio che ha rivelato di aver appreso da Roberto Esposito di essere stato tra gli autori del delitto per rivendicare l’onore di Vaccaro.
Durante il processo sono state riprese le singole fasi del delitto che secondo la Corte d’Assise di Salerno è stato premeditato e preparato nei minimi dettagli e che deve essere contestualizzato “in contesti associativi di natura camorristica legati al controllo del territorio per il predominio criminale dello stesso”. Il movente del delitto resta la lite della mattina in un bar al centro del quartiere per l’affissione dei manifesti elettorali. Procida e Rinaldi avevano ricevuto da Lello Ciccone, candidato di Forza Italia alle elezioni regionali, l’incarico di affiggere il suo materiale in zona. Matteo Vaccaro però pretendeva di ritornare nel giro ed aveva affrontato Procida nel bar. Vaccaro da parte sua gli aveva intimato di consegnare a lui un centinaio di manifesti perché ne gestisse la collocazione in un’altra zona. Procida aveva reagì facendone nascere una colluttazione. “Sei vecchio, non conti più nulla” – disse. Questa cosa all’ormai vecchio boss non piacque. Decise di rivendicare la discussione con il sangue. «Tempo tre giorni e ti uccido». Un avvertimento che si è concretizzato dopo qualche ora. Alla lettura del dispositivo parenti ed avvocati che sono pronti a ricorrere in Appello dopo che saranno depositate le motivazioni della sentenza.

(nella foto da sinistra Matteo Vaccaro, Guido vaccaro, Roberto Esposito)


Articolo pubblicato il giorno 9 Maggio 2018 - 09:41



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