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I carabinieri nel Nucleo Investigativo di Napoli hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari di Napoli, su ordine della Dda ai mandanti e ai killer degli omicidi di Francesco Russo “’o dobermann”, 50 anni, il figlio Ciro di 30 e Vincenzo Moscatelli, 47enne, avvenuto nel 2009. Gli arrestati sono Carmine Amato, 37anni, detenuto nel carcere di Viterbo; Cesare Pagano, 48 anni, detenuto nel carcere di Cuneo; Francesco Biancolella, 66 anni di Mugnano (l’unico libero, tradotto poi nella casa circondariale di Secondigliano); Lucio Carriola, 43 anni, detenuto nel carcere di Terni; Mario Riccio, 26 anni, di Mugnano, detenuto nello stesso carcere; Oscar Pecorelli, 39 anni, in carcere a Tolmezzo; Oreste Sparano, 32 anni, detenuto nel carcere de l’Aquila. Il mandante è Antonio Lo Russo, oggi pentito, e tra le persone coinvolte ci sarebbe anche Biagio Esposito, detto “Biagino”. Tra le persone sospettate c’era anche Mirko Romano, il ragazzo della Napoli bene dell’Arenella, diventato camorrista e ucciso poi in un agguato di camorra.  Biagio Esposito, come anticipa Il Roma, l’ex sicario al soldo degli “scissionisti”, lo tirò indirettamente in ballo a proposito della lupara bianca per tre affiliati ai Lo Russo, tra cui Francesco Russo detto “Doberman”. Ecco cosa mise a verbale Biagio Esposito l’8 luglio 2010. “In un precedente interrogatorio ho già reso dichiarazioni in merito alla scomparsa dei tre affiliati al clan Lo Russo tra i quali “Doberman” e il figlio nonché a quella precedente dei due ragazzi di Mugnano. In merito al movente posso riferire quanto segue. Per quanto riguarda gli omicidi di “Doberman” del figlio e di una terza persona il cui nome non conosco trattasi di un favore che noi facemmo ai Lo Russo. In particolare fu Cesare Pagano che un paio di ore prima, in presenza di Oreste Sparano, Mirko Romano e Carmine Amato, a dirci che doveva fare un favore ai Lo Russo, e in particolare ad Antonio, figlio di Salvatore. Non aggiunse altro. Per quanto riguarda invece i due ragazzi di Mugnano si verificò il contrario. Nel senso che furono i Lo Russo a fare un favore a noi in quanto, benché i nostri affiliati, ci creavano continui problemi in zona perché ingiustificatamente arroganti e violenti tanto che poco prima avevano picchiato un ragazzo di Mugnano, mandandolo in coma”.  I due ragazzi di Mugnano a cui fa riferimento il pentito sono  Massimo Frascogna detto “Massimino o’ niro”, e Lazzaro Ruggiero “o’ Caccone” . I due prima furono uccisi e poi i loro corpi sciolti nell’acido per un patto criminale tra gli Amato- Pagano e i Lo Russo di Miano. Il boss  Cesare Pagano aveva fatto da padrino di nozze di Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore “‘o capitone” (ora pentiti padre e figlio). Per questo duplice omicidio a processo ci sono Cesare Pagano, il boss 47enne soprannominato “Cesarino” uno dei capi storici degli Scissionisti di Secondigliano; Rito Calzone “o’ Pi- sano”, 62enne; Mario Dell’Aquila “o’ Figarone”, 38enne; Giuseppe Gallo, ras di Torre Annunziata 40enne; Oscar Pecorelli “o’ Malommo” di 36 anni; Raffaele Perfetto “muss e’ scigna”, 45 anni. Questi ultimi due autori materiali del duplice omicidio. Con loro sono indagati i due collaboratori di giustizia Biagio Esposito e lo stesso Antonio Lo Russo che hanno contribuito alle indagini. Il nuovo provvedimento invece riguarda l’improvvisa sparizione di Francesco Russo “o’ dobermann”, allora 50enne, il figlio Ciro di 30, Raffaele Graziano di 38 e Vincenzo Moscatelli, 47enne. Le tracce del cellulare si persero definitivamente dopo una cena in un ristorante nella cittadina del Giuglianese, probabilmente con gli assassini che li attirano in una trappola. Un quadruplice omicidio, dunque, eseguito però nella maniera più silenziosa possibile per evitare massicce pressioni delle forze dell’ordine. Le denunce di scomparsa risalgono a due giorni dopo e i familiari le presentarono alla stazione dei carabinieri di Marianella. Da quel giorno nessuno ha avuto più notizie dei quattro, le cui autovetture furono trovate parcheggiate a Secondigliano. Dalle poche informazioni che gli investigatori riuscirono a sapere da fonti confidenziali emerse che erano andati a un appuntamento con persone, almeno una, delle quali si fidavano. Al punto da lasciare le macchine proprie e salire su altre. La vicenda partì da un punto fermo: l’ultimo segnale dei due Russo, Graziano e Moscatelli. In particolare da mesi gli inquirenti studiavano le mosse di “o’ dobermann” e non fu difficile ricostruire gli ultimi spostamenti del pregiudicato, considerato un esponente di rilievo dei “Capitoni”. L’ultimo contatto conduceva a Mugnano e lì le quattro vittime di lupara bianca furono viste l’ultima volta. S’indagò sulle “celle” dei telefonini e i primi riscontri non lasciarono molti segnali di speranza: da Mugnano, l’auto a bordo della quale viaggiava Francesco Russo si spostò verso una zona del litorale Domitio, area degradata e poco abitata, luogo ideale per consumare delitti senza lasciare tracce.

(nella foto da sinistra Cesare Pagano, Antonio Lo Russo, Oscar Pecorelli, Carmine Amato, Oreste Sparano, Mirko Romano)


Articolo pubblicato il giorno 30 Maggio 2018 - 09:43

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