Proiettati, trascinati, invischiati in una dimensione fisica, profonda, interna, è questo il viaggio che si compie in “Donne che corrono” di JayBlue. Giovedì 18 gennaio 2018 alle ore 21.00 – con repliche fino a domenica 21 -, lo spettacolo debutterà al Teatro Elicantropo di Napoli, per la regia di Massimiliano Foà.
Presentato da Vernicefresca Teatro, l’allestimento vede in scena due donne, interpretate da Rossella Massari e Arianna Ricciardi, che si rincorrono, confrontano, incontrano, scontrano. Come vestali, girano tra il pubblico, osando ingannare, talvolta, anche la forza di gravità, e dispensano, sotto voce, parole, incompleti frammenti.
Tutto intorno è un tempo sospeso, un rimando disilluso e, poi, parte la corsa, poiché le donne sono sempre costrette a correre, inseguire, rispondere a modelli e cliché. Corrono e si raccontano, corrono e, insieme, ridisegnano le tappe di una crescita, attraverso i passaggi, le fasi e la consapevolezza di essere femmine, adulte, autonome.
Senza mai fermarsi, si tuffano nel tappeto di foglie, vive, ammiccando alla necessità di proteggersi e di offendersi, di plasmarsi e non lasciarsi plasmare. Le due donne, si cercano e si respingono, sono specchio riflesso, ma invidiano l’una la condizione dell’altra, con quell’inseguirsi e superarsi costante. Un dialogo generazionale, probabilmente, anche se annullato dall’universalità della bellezza che tutte e due, alte, bionde e non troppo diverse tra loro, incarnano.
Non sono solo parole enunciate in “Donne che corrono”, quelle di Jayblue che ha scritto il testo, ma anche quelle ugualmente poetiche e forti dei movimenti, delle scene, delle immagini costruiti dai loro corpi, spesso taciturni, ma in continua tensione. Le due donne non riposano mai, corrono, come tutte le donne, costrette dietro schemi, preconcetti, necessità di essere come gli altri vogliono.Gli stimoli letterari e quelli personali pregnano l’intero tessuto drammaturgico del testo, nutrendosi di testi e opere di riferimento come Donne che corrono con i lupi di Clarissa Pinkola Estes, Barbablu di Pina Baush, Aspettando Godot di Samuel Beckett e le poesie dell’esilio di Bertolt Brecht. L’evolversi del percorso riporta il testo, composto di alcune parole e molte azioni, all’occhio del regista, uomo che scruta e indirizza un mondo tutto femminile, portando o cercando di esasperarne alcuni elementi o immagini. Il senso di “Donne che corrono” è proprio quel percorso, come lo spettacolo è il percorso, raccontato, anche quello, con chiarezza, a parole e nei fatti, dall’improvvisazione alla sua costruzione.
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