Trent’anni di carcere per due degli assassini di Antonio Papale, ucciso nel 2007 nell’ambito della sanguinosa faida di Ercolano tra i Birra-Iacomino e gli Ascione-Papale.Potrebbe interessarti
Maxi-truffa da 2,7 miliardi sull’Ecobonus: 14 misure cautelari tra Avellino e Napoli
Sequestro del 15enne a San Giorgio, in manette i presunti complici di Antonio Amiral
Inchiesta “Dolce Vita”, il Gup rinvia a giudizio 26 indagati: il Comune di Avellino sarà parte civile
Napoli, il gip dispone la custodia cautelare in Ipm per il baby killer di Marco Pio Salomone
L’agguato ai danni di Papale venne messo a segno lo stesso giorno in cui, a Terzigno nel bar "Naemi", venivano uccisi i fratelli Marco e Maurizio Manzo, due uomini del clan del super boss Francesco Casillo, alias ‘a vurzella. Il delitto maturò nell’ambito dell’alleanza di sangue tra i Gionta di Torre Annunziata e il clan Birra di Ercolano. L’ordine partì dagli ercolanesi che volevano vendicare la morte di Giuseppe Infante. I responsabili della morte di Infante erano stati individuati nei fratelli Manzo, sicari degli Ascione-Papale. Per concretizzare la vendetta i Birra si rivolsero ai Gionta che diedero in prestito i killer, Giovanni Iapicca alias “rangetiello” ed Alfonso Agnello detto “chiocchiò”. Nella ricostruzione del delitto hanno avuto un ruolo decisivo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia tra cui l’ex giontiano Michele Palumbo, alias “munnezza”. In Appello si sono aggiunte le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, stavolta di Ercolano, Antonio Birra, fratello del boss Giovanni.
(nella foto i pentiti Agostino Scarrone e Francesco Raimo)










































































