“I telefoni in carcere li forniscono le guardie penitenziarie”. E’ una delle frasi messe a verbale da Giuseppe Giglio, arrestato nel 2015 nell’inchiesta di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’ e poi divenuto collaboratore di giustizia, citate nell’ordinanza con cui il Gip di Bologna Alberto Ziroldi ha disposto otto misure cautelari, per quattro persone in riferimento ad un pestaggio nel carcere della Dozza del 15 marzo 2015.
Altre quattro rispondono invece per fatti di spaccio tra novembre 2016 e aprile 2017, con domiciliari per due agenti di polizia penitenziaria. In un colloquio con il Pm della Dda Beatrice Ronchi, Giglio il 28 giugno 2016 parlo’ dei rapporti tra poliziotti penitenziari e detenuti campani nel carcere bolognese.
“Ma qualsiasi cosa avevamo necessita’, un tablet, cioe’ qualsiasi cosa loro ci avrebbero… perche’ le guardie, tra l’altro, li’ sono quasi tutte napoletane, attenzione! E questi qua erano di Napoli. Ah ma se li’ avesse messo delle intercettazioni ne avrebbe sentito delle belle!”, disse il pentito. E ancora, a rafforzare il concetto: “Si’, me lo disse lo stesso Sergio Bolognino (uno degli arrestati di oggi, ndr), disse in quanto diciamo le guardie sono paesani loro, cioe’ sono proprio dello stesso paese. Sa, ma qualsiasi cosa ci serviva, diciamo anche a… diritti penitenziari, magari ci serviva qualche cosa, tramite questi napoletani ci arriva subito”.
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