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Torre Annunziata, il clan Gionta imponeva il pizzo da 4mila euro al mese per ‘mantenere i carcerati’



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 Sono 12 i fermati dai Carabinieri nel corso di un blitz a Torre Annunziata e Pompei. Si tratta di presunti affiliati al clan “Gionta” che imponevano il pizzo a imprese, commercianti, centri medici e che avevano stretto accordi con altri clan per la spartizione del territorio. A intervenire sono stati i miliari del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata in esecuzione di un decreto di fermo di indiziato di delitto disposto d’urgenza dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Le 12 persone sono ritenute responsabili, a vario titolo, di estorsione, detenzione e porto illecito di armi, aggravati dalle finalità mafiose. L’indagine, avviata nel luglio 2016, ha riguardato le attività mafiose di capi e affiliati dell’associazione camorristica Gionta (storicamente egemone nel territorio di Torre Annunziata), consentendo di ricostruire l’attuale organigramma del clan, accertando che l’attuale reggenza è ancora saldamente rappresentata dai soggetti della cosiddetta vecchia guardia, ovvero Vincenzo Amoruso, 47 anni, e Luigi Della Grotta, 48 anni, conosciuti dagli altri affiliati come “i due boss che abbiamo adesso” , come recita un pizzino rinvenuto dagli inquirenti nel corso dell’indagine.

E’ stato inoltre certificato come il citato sodalizio camorristico avesse siglato dei patti criminali con le organizzazioni mafiose dei “Gallo-Cavalieri” e “Limelli-Vangone” (operanti rispettivamente a Torre Annunziata e nei comuni limitrofi di Boscotrecase, Boscoreale e Trecase), per la spartizione del territorio di influenza e delle imprese da estorcere. Il denaro provento delle estorsioni è stato utilizzato per il sostentamento delle famiglie degli affiliati, in particolare quelli in carcere. Non a caso è stata registrata una particolare aggressività da parte delle mogli dei detenuti della vecchia guardia, le quali pretendono un mantenimento “privilegiato”, in quanto i mariti “hanno fatto la storia del clan, sono quelli che hanno conquistato i soldi dei negozianti”. Emblematico è il caso della moglie di un ergastolano la quale rimprovera al clan uno scarso attivismo nella gestione del racket, con grave pregiudizio per lo stipendio di tutti gli affiliati.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Amoruso e Della Grotta sono subentrati nel ruolo di comando a Ciro Nappo, elemento di spicco del clan, che aveva diretto il clan e promosso attività estorsive in danno dei locali imprenditori e commercianti, nonostante fosse latitante e fino al momento del suo arresto, avvenuto il 26 maggio 2016 in un casolare agricolo di Trecase  per mano degli stessi militari del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata. Le attività di indagine hanno permesso di documentare una diffusa e sistematica attività estorsiva – attuata dal clan mediante violenza e minacce anche implicite – su tutto il territorio di Torre Annunziata, riscontrando almeno venti condotte estorsive ai danni di 14 tra imprese, esercizi commerciali, società di ormeggi e centri medici, ai quali veniva imposto, in misura variabile in base alla capacità economica della vittima (fino a 4.000 euro mensili), il pagamento mensile, annuale o in occasione delle tre principali festività (Natale, Pasqua e Ferragosto). Gli affiliati raccoglievano le estorsioni seguendo un’autentica mappatura che consentiva di individuare i negozi che dovevano pagare i Gionta da quelli che invece appartenevano all’altro clan torrese, detto Gallo-Cavalieri. 


 

 

 


Articolo pubblicato il giorno 6 Settembre 2017 - 15:41

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