Napoli - Niente arresti domiciliari per Gennaro Pacilio, indicato dagli inquirenti come l’esecutore materiale dell’omicidio di Antonio Natale, il giovane spacciatore attirato in trappola e assassinato il 4 ottobre 2021.
La seconda sezione penale della Corte d’Assise di Napoli (presidente Concetta Cristiano) ha rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere, avanzata dai difensori dell’imputato.
Pacilio era stato condannato il 31 ottobre 2025 a 16 anni di reclusione. La difesa aveva chiesto i domiciliari, puntando anche sul percorso di collaborazione che — secondo quanto evidenziato dalla stessa Corte — avrebbe segnato “la recisione del collegamento con la criminalità organizzata”, resa evidente dall’ammissione allo speciale programma di protezione.
Ma per i giudici questo non basta. Nel provvedimento con cui respingono l’istanza, mettono nero su bianco un punto decisivo: accanto all’allontanamento dagli ambienti camorristici permane una “residua pericolosità comune”, valutata alla luce della “gravità e brutalità” del fatto contestato, qualificato come “omicidio premeditato pluriaggravato”.
La trappola e l’esecuzione
Antonio Natale, secondo la ricostruzione investigativa confluita nel processo, venne attirato con un pretesto in un luogo isolato. Lì sarebbe scattata l’aggressione: colpito ripetutamente, lasciato senza scampo, il suo corpo venne infine abbandonato all’aperto, esposto alle intemperie. Un’esecuzione che per gli inquirenti si inserisce nelle dinamiche di controllo dello spaccio e nelle gerarchie criminali del Parco Verde di Caivano.
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Il delitto, sempre secondo l’impianto accusatorio, sarebbe stato disposto su ordine del gruppo malavitoso dei Bervicato, realtà criminale radicata nel “fortino” del Parco Verde. Un’azione pianificata, non un’aggressione estemporanea: la premeditazione, la trappola e le modalità dell’uccisione restano gli elementi centrali richiamati anche nelle valutazioni sulla pericolosità.
“No scorciatoie”
Nella decisione la Corte tiene conto anche di ulteriori gravi reati attribuiti a Pacilio, richiamati come fattore ulteriore nel giudizio sulla possibilità di attenuare la misura custodiale.
Nei giorni scorsi, tramite il proprio legale, l’avvocato Gioacchino Genchi, la famiglia di Antonio Natale aveva affidato a una nota un messaggio netto: nessuna richiesta di vendetta, ma “giustizia vera”. Una giustizia — hanno ribadito — che passa per pene proporzionate alla gravità dei delitti, l’accertamento pieno delle responsabilità e il rifiuto di “scorciatoie premiali” fondate su collaborazioni ritenute solo apparenti.
Fonte REDAZIONE





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