Napoli - Tre anni di reclusione e la revoca della patente. È la condanna inflitta al conducente che nel giugno 2024 travolse Morena Giangrande all’Arenella, lasciandola sull’asfalto in condizioni disperate.
Nell’udienza del 2 dicembre, il pubblico ministero aveva chiesto esattamente tre anni: una linea che il giudice ha confermato integralmente, riconoscendo la piena responsabilità dell’uomo e la gravità della fuga successiva all’impatto.
La decisione arriva al termine di un processo breve ma intenso, scandito dalle testimonianze dei soccorritori del 118, dei familiari della ragazza e degli agenti della Polizia Locale che hanno ricostruito, metro per metro, la dinamica dell’incidente.
La dinamica: un sorpasso proibito nella curva buia dell'Arenella
Era la notte tra il 7 e l’8 giugno. Via Pietro Castellino, arteria del quartiere collinare di Napoli, era illuminata solo dai lampioni e dal passaggio sporadico di qualche auto. Morena, 16 anni, viaggiava sullo scooter guidato da un amico 17enne: un’uscita come tante, trasformata in tragedia da una manovra criminale.
Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, l’auto guidata dall’imputato procedeva a velocità nettamente superiore ai limiti. Nel tentativo di superare un’altra vettura in un tratto non idoneo al sorpasso, il conducente ha invaso la corsia opposta e centrato lo scooter in pieno. L’impatto è stato violentissimo: i ragazzi sono stati sbalzati e scaraventati sull’asfalto per diversi metri.
La fuga: nessuno sguardo allo specchietto, solo il rumore del motore
Nessun tentativo di frenare, nessuna richiesta di aiuto, nessuna chiamata ai soccorsi. L’uomo al volante, subito dopo l’impatto, ha accelerato, scomparendo tra le vie laterali dell’Arenella. La sua fuga è durata poche ore: gli agenti della Polizia Locale di Napoli, grazie alle telecamere e a una serie di incroci tra testimonianze e tracce dell’auto, lo hanno rintracciato in provincia nella stessa mattina.
La mancata assistenza alla vittima ha avuto un peso determinante nella valutazione del giudice: una condotta definita “gravemente antisociale e priva di senso civico”.Potrebbe interessarti
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La corsa al Cardarelli: la lotta per salvare Morena
I primi a intervenire sono stati i sanitari del 118. Morena era in condizioni disperate: trauma gravissimo a una gamba, emorragia severa, fratture multiple. Il 17enne che guidava il motorino era ferito, ma cosciente.
La ragazza è stata trasportata d’urgenza all’ospedale Cardarelli. Qui si è aperta una battaglia chirurgica che è durata settimane: nonostante gli sforzi, la gamba gravemente compromessa ha reso necessaria un’amputazione. In totale, Morena ha affrontato circa trenta interventi, tra operazioni ricostruttive e procedure per fermare infezioni e complicazioni.La prognosi è rimasta riservata per giorni, tenendo la città con il fiato sospeso.
Una vita da ricostruire: il coraggio di una sedicenne ferita ma non piegata
L’incidente ha segnato profondamente Morena e la sua famiglia. Da allora, la ragazza affronta un percorso di riabilitazione lungo e complesso, tra terapie, protesi e sostegno psicologico. Il suo caso è diventato un simbolo della vulnerabilità dei più giovani sulle strade urbane e dell’impatto devastante che una manciata di secondi di irresponsabilità può avere sulla vita di una persona.
La comunità dell’Arenella si è mobilitata più volte con iniziative a sostegno della giovane, che continua a mostrare una forza straordinaria nonostante la sofferenza e le difficoltà quotidiane.
La condanna a tre anni, pur rientrando nei limiti previsti per questa tipologia di reati, lascia un senso di amaro tra cittadini e associazioni che si battono contro la violenza stradale. “È una pena simbolica, ma è un segnale”, commentano alcuni attivisti locali.
Non si parla di vendetta, ma di giustizia e prevenzione: la speranza è che casi come quello di Morena contribuiscano a sensibilizzare chi guida e a spingere verso norme più rigide per chi si mette alla guida come se la strada fosse una pista da corsa.
Via Pietro Castellino porta addosso i segni della tragedia, e il quartiere ricorda bene quella notte. La storia di Morena non è solo un fatto di cronaca: è il racconto di una città che si interroga sulla sicurezza delle sue strade, sulla responsabilità individuale e sulla fragilità dei più giovani.
Il processo si è chiuso, ma la ferita — umana e sociale — resta aperta. E la speranza è che la condanna non sia un punto finale, ma un punto di partenza: per Morena, per chi le vuole bene, e per una Napoli che non vuole più piangere tragedie così.










































































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