

La casa dei summit segreti del clan Amato-Pagano e i coniugi Pasquale Foria e Ida Somma
Melito di Napoli– Una borsa appoggiata fuori dalla porta d’ingresso. Un segnale semplice, quasi banale, ma carico di significato criminale. Era questo lo stratagemma concordato per avvertire gli affiliati del clan Amato-Pagano che l’abitazione era “occupata” o, al contrario, pronta ad accogliere summit riservati lontani da occhi indiscreti e microspie.
È uno dei passaggi più emblematici dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Isabella Iaselli che ha colpito due settimane fa 11 esponenti del clan, svelando il ruolo – ritenuto tutt’altro che marginale – dei coniugi Ida Somma e Pasquale Foria, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo la Direzione distrettuale antimafia, la coppia avrebbe fornito un contributo concreto, consapevole e continuativo al sodalizio camorristico, mettendo a disposizione il proprio appartamento di via Roma 188, a Melito, come base operativa per le riunioni del clan, almeno fino al 17 dicembre 2024.
L’immobile – formalmente intestato in locazione a Ida Somma dal marzo 2020 – diventa presto un punto fermo nella geografia criminale del clan Amato-Pagano. Tanto da spingere gli investigatori a sottoporlo a videosorveglianza continua a partire dal 27 marzo 2024. Le telecamere raccontano un viavai incessante di uomini ritenuti affiliati o contigui al clan, molti dei quali già noti alle forze dell’ordine.
Le immagini inchiodano i fatti: Romano Domenico, ritenuto reggente del clan, Caso Carmine Raffaele, Marino Cosimo, Calzone Carlo, Pezzella Gaetano, Errichelli Maurizio, Ranucci Carlo Salvatore, Diano Luigi, Rinaldi Francesco. I nomi si ripetono, le presenze si sovrappongono, gli incontri si susseguono con una regolarità incompatibile con semplici visite amicali.
Il copione è sempre lo stesso: scooter parcheggiati nel cortile, ingressi scaglionati, uscite rapide. E soprattutto borsoni, buste di plastica, zaini che entrano ed escono dall’appartamento. Dettagli che, per gli inquirenti, parlano chiaro.
A rendere ancora più esplicita la funzione dell’abitazione è il codice della borsa. Le telecamere documentano che quando Ida Somma è in casa, una borsa da donna viene lasciata all’esterno della porta. È il segnale per gli affiliati: bisogna attendere. Quando la borsa sparisce, la casa è “libera”.
Emblematico quanto accade il 26 aprile 2024. Carmine Raffaele Caso arriva davanti all’ingresso, vede la borsa, si ferma. Pochi minuti dopo Somma esce, rimuove il segnale, e Caso entra senza esitazioni. Un rituale collaudato, ripetuto nel tempo, che secondo i giudici dimostra piena consapevolezza e partecipazione funzionale.
Tra gli incontri più significativi c’è quello del 30 marzo 2024, una vera e propria riunione plenaria del clan. Prima il ritrovo in un bar, poi in una braceria e quindi in unl circolo. Infine, tutti convergono in via Roma 188. È lì che, come emerge da una intercettazione, si discutono anche questioni economiche.
Alle 13:17, Vastarelli Arturo parla con la moglie e ammette: "Non lo so quando porto i soldi, stanno facendo la riunione".Un riferimento diretto alle “mesate”, le somme destinate al sostentamento degli affiliati e delle famiglie dei detenuti.
Altro elemento chiave è il rapporto stretto e costante con Rinaldi Francesco, personaggio centrale del clan, arrestato e detenuto a Poggioreale. Anche dal carcere, Rinaldi resta in contatto con la coppia.
Il 21 agosto 2024, la moglie di Rinaldi chiama Ida Somma perché il marito non riesce a parlare con “Franco” e “Pasquale”. Somma rassicura: "Glielo faccio sapere a Pasquale, faccio l’imbasciata". Il giorno dopo è Foria a chiamare il detenuto. Gli passa “Francuccio”, che confessa: "Ho dovuto buttare il telefono… ho preso le fiale".
Un linguaggio allusivo, tipico dei contesti criminali, che per gli inquirenti conferma un canale di comunicazione stabile, nonostante la detenzione.
La Procura è netta: non si tratta di episodi isolati né di semplice favoreggiamento. La messa a disposizione dell’abitazione è costante, sistematica e organizzata. Foria, spesso fuori casa fino a sera, lascia l’appartamento libero per l’intera giornata. Gli affiliati dispongono delle chiavi del cancello e dell’abitazione. Le riunioni si svolgono in un luogo ritenuto sicuro, dove non si temono intercettazioni ambientali.
Una casa, una borsa, un segnale silenzioso. Tanto è bastato per trasformare un appartamento di Melito in uno dei cuori operativi del clan Amato-Pagano.
Leggi i commenti
Questo articolo mette in luce una situazione molto complessa e preoccupante. I dettagli sulla borsa-sentinella e le dinamiche del clan sono inquietanti. Spero che le autorità riescano a fare chiarezza su queste questioni per garantire la sicurezza della comunità.