

Nella foto il boss Raffaele Amato e Oreste Sparano
Napoli - Un nuovo colpo di scena scuote le aule di giustizia nel lungo e sanguinoso capitolo della Faida di Scampia. Raffaele Amato, il celebre "Spagnolo" a capo degli Scissionisti, è riuscito a evitare la pena del carcere a vita.
Nonostante la pesante accusa di essere il mandante di tre omicidi e di un duplice tentato omicidio, il boss degli Amato-Pagano ha incassato una condanna a trent'anni di reclusione.
La sentenza è stata emessa ieri mattina dal GIP Bardi al termine del processo celebrato con rito abbreviato. Fondamentale per la difesa del boss, rappresentata dagli avvocati Domenico Dello Iacono ed Emilio Martino, è stata la concessione delle attenuanti generiche che hanno bilanciato le aggravanti, sottraendo Amato all'ergastolo.
Destino simile, ma con una pena inferiore, per il coimputato Oreste Sparano: difeso dai penalisti Luigi Senese e Gandolfo Geraci, ha rimediato 20 anni di reclusione rispondendo del solo omicidio di Carmine Fusco.
Il procedimento scaturisce dall'ordinanza di custodia cautelare notificata nell'agosto 2024, che ha fatto luce su una serie di delitti consumati a cavallo tra la prima e la seconda faida di Scampia, in particolare tra il settembre 2007 e il febbraio 2008. Una stagione di piombo che insanguinò Secondigliano (zona Perrone) e Arzano.
Le accuse a carico di Amato ricostruivano un quadro criminale spietato: l'ordine di uccidere Salvatore Ferrara, capopiazza del clan rivale dei Di Lauro (agguato in cui rimasero feriti anche Ugo De Lucia e Antonio Caldieri), e le esecuzioni di Luigi Magnetti e Carmine Fusco. Reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il predominio degli "Spagnoli".
L'iter giudiziario ha dovuto superare anche complessi ostacoli burocratici internazionali: Amato, già arrestato nel 2009, era stato consegnato dalla Spagna all'Italia in esecuzione di un Mandato di Arresto Europeo che, all'epoca, non copriva ancora questi specifici fatti di sangue, richiedendo una successiva estensione dell'estradizione.
La svolta investigativa è arrivata grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che hanno permesso di riaprire i "cold case". Agghiaccianti i dettagli forniti da Carmine Cerrato, ex killer del gruppo, che ha svelato le dinamiche interne al clan. In un verbale del dicembre 2010, Cerrato ha raccontato come la morte di Luigi Magnetti fosse stata, incredibilmente, richiesta dal suo stesso zio.
«Venne "Totore ’o marenaro", zio di Luigi Magnetti "’o mocillo" — ha raccontato il pentito ai magistrati — si appartò con i capi Cesare Pagano e Raffaele Amato. Sentii Raffaele Amato dire che Totore voleva da loro la decisione di ammazzare il nipote Luigi, che non rispettava la sua autorità nella gestione della Vanella Grassi».
Una richiesta che il vertice degli Scissionisti trasformò in una macabra strategia a scacchiera: «Amato disse che avrebbero fatto uccidere da Magnetti un nipote di De Lucia e poi, come richiesto da "’o marenaro", avrebbero fatto uccidere lo stesso Magnetti». Un piano cinico, tipico della camorra imprenditoriale che non guarda in faccia ai legami di sangue pur di mantenere gli equilibri di potere.
Di seguito le condanne emesse dal GIP al termine del rito abbreviato:
Raffaele Amato: Condannato a 30 anni di reclusione (riconosciute le attenuanti generiche). Rispondeva di tre omicidi (Ferrara, Magnetti, Fusco), due tentati omicidi e porto illegale d'armi.
Oreste Sparano: Condannato a 20 anni di reclusione. Rispondeva della partecipazione all'omicidio di Carmine Fusco.