

Nell’immagine, un riferimento ai fatti narrati.
Enrico Caruso è una delle figure più emblematiche della storia della lirica: un artista che trasformò il talento vocale in un vero e proprio fenomeno culturale globale, senza mai troncare del tutto il legame con la sua città natale. In questo approfondimento ricostruisco il rapporto tra Enrico Caruso e la Opera Napoletana, tracciando le tappe fondamentali della sua formazione, l’esplosione internazionale favorita dalle prime incisioni fonografiche e il modo in cui la sua immagine è stata recuperata e celebrata nella Napoli contemporanea.
Enrico Caruso nacque a Napoli il 25 febbraio 1873 in una famiglia modesta; la povertà e il contesto popolare degli Ottocalli segnarono i suoi primi anni e alimentarono la sua familiarità con il repertorio locale, dalla canzone napoletana al coro parrocchiale, che avrebbe sempre accompagnato la sua carriera.
La formazione vocale di Caruso fu frammentaria ma decisiva: scoperto nelle chiese e negli spazi pubblici da appassionati locali, fu indirizzato allo studio con il maestro Guglielmo Vergine, figura chiave del suo avviamento professionale (con contratti e controversie contrattuali che segnarono i primi anni della sua carriera). Dopo gli studi e alcune esperienze in piccoli teatri, esordì professionalmente il 15 marzo 1895 al Teatro Nuovo di Napoli con L'amico Francesco, segnando l’ingresso ufficiale nella scena dell’Opera Napoletana e italiana.
Il contesto napoletano, con la sua tradizione di canto popolare intrecciata ai teatri cittadini come il San Carlo, fornì a Caruso non soltanto repertorio ma anche una sensibilità scenica che lo rese adatto sia ai ruoli veristi sia ai grandi melodrammi del repertorio internazionale.
Un elemento cruciale nella leggenda di Caruso fu la sua precoce adesione alla registrazione fonografica. Nel 1902 eseguì le sue prime incisioni su disco (sessioni a Milano e poi in altri studi), esperimento che lo portò in breve tempo all’attenzione di un pubblico molto più ampio di quello teatrale tradizionale: il disco rese la sua voce «domestica», riproducibile, e gli permise di diventare la prima superstar mondiale della registrazione.
Sul fronte teatrale, dopo le esperienze italiane e europee, la consacrazione oltreoceano avvenne con il debutto al Metropolitan Opera di New York nel 1903, dove Caruso consolidò una presenza continuativa per molte stagioni, interpretando ruoli che divennero pietre miliari della sua fama (Rigoletto, Aida, Pagliacci, Tosca e altri). Questa simultanea centralità nei grandi teatri e nel mercato discografico trasformò la sua figura: non più soltanto un protagonista della Opera Napoletana, ma l’interprete che portava la scuola vocale italiana nel mondo moderno della comunicazione di massa.
Va sottolineato come questa doppia dimensione, palcoscenico e disco, abbia avuto un impatto profondo sulla percezione sociale della lirica: la voce di Caruso divenne un ponte tra la cultura popolare napoletana e le platee internazionali, contribuendo a diffondere anche le canzoni partenopee oltre i confini regionali.
Il rapporto di Caruso con la sua città fu complesso. Episodi come l’accoglienza critica (reputata a volte fredda o ostile) al Teatro San Carlo nel 1901 alimentarono racconti e leggende, tra cui quella di un suo giuramento di non cantare più a Napoli, che col tempo sono stati rianalizzati dagli storici: alcuni documenti e ricostruzioni mostrano tensioni reali, ma anche successivi fraintendimenti e mitizzazioni. In ogni caso, la frattura non cancellò l’appartenenza culturale: Caruso continuò a registrare canzoni napoletane e a essere identificato come emblema della città nel mondo.
Dopo la sua morte, avvenuta a Napoli il 2 agosto 1921, la figura di Caruso divenne oggetto di culto e di musealizzazione: la sua casa natale è oggi parte di iniziative di memoria, con un museo che conserva cimeli, registrazioni e materiali utili a ricostruire sia la carriera che il legame con la città. La memoria istituzionale e popolare napoletana ha così rimesso in primo piano il nesso tra Enrico Caruso e l’Opera Napoletana, trattenendo per la città un’eredità che è insieme artistica, sociale e turistico-culturale.
Infine, il lascito artistico di Caruso si misura ancora oggi sulla doppia frontiera: da una parte l’affermazione della voce come strumento di comunicazione globale (la proto-celebrità discografica), dall’altra il richiamo permanente alla Napoli delle origini, che permette di leggere la sua vicenda come esempio di come la Opera Napoletana possa essere al tempo stesso radice locale e veicolo d’identità nella modernità.
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Caruso è stata una figura molto importante per la musica e per la sua citta, Napoli. Anche se ci sono stati dei problemi con il suo rapporto con il pubblico, rimane un simbolo di cultura e tradizione napoletana. È interessante vedere come la sua vita ha influito sulla storia dell’opera.