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Tragedia sull’Himalaya: cinque alpinisti italiani morti in Nepal, travolti da tempeste e valanghe

Due spedizioni distrutte in poche ore tra le vette dello Yalung Ri e del Dolakha. Tra le vittime gli italiani Alessandro Caputo e Stefano Farronato. In totale nove morti, tra cui anche un francese e due nepalesi.
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Kathmandu — L’Himalaya torna a essere teatro di una tragedia. Cinque alpinisti italiani hanno perso la vita in Nepal in due distinti incidenti avvenuti tra venerdì e lunedì, causati da violente tempeste di neve e da una valanga che ha travolto i gruppi di scalatori impegnati nella salita dello Yalung Ri, una vetta di 5.630 metri nel Nepal orientale. In totale le vittime sono nove, tra cui anche un francese, un tedesco e due guide nepalesi.

Secondo quanto comunicato dalle autorità locali, la prima valanga si è abbattuta lunedì mattina su un campo base situato a oltre cinquemila metri d’altitudine. Dodici persone erano impegnate nell’ascesa quando una massa di neve e ghiaccio si è staccata improvvisamente, travolgendo il gruppo e cancellando in pochi istanti tende e attrezzature.

A raccontare gli istanti di terrore è Didier Berton, alpinista francese di 61 anni, ricoverato all’Era International Hospital di Kathmandu:

«Abbiamo sentito un rumore sordo, come un tuono. Poi le lastre di ghiaccio sono crollate e siamo rimasti intrappolati. Solo chi si trovava più in alto è riuscito a saltare una parete di roccia di cinque metri e salvarsi».

Berton, che ha riportato la frattura di alcune costole, è riuscito a estrarre una guida ferita scavando con la piccozza. Ma non tutti ce l’hanno fatta:

«Abbiamo perso Christian… non siamo riusciti a salvarlo», ha raccontato con voce spezzata.

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Le vittime italiane

Tra le vittime accertate figurano Alessandro Caputo e Stefano Farronato, esperti alpinisti italiani partiti per il Nepal a ottobre insieme a un gruppo misto di scalatori europei. Entrambi erano noti nell’ambiente dell’alpinismo per la loro esperienza su pareti estreme e per la partecipazione a spedizioni internazionali.

I loro corpi, insieme a quelli degli altri alpinisti, sono stati individuati sul versante orientale dello Yalung Ri da una squadra di soccorso guidata da Phurba Tenjing Sherpa, dell’agenzia Dreamers Destination, che ha organizzato la spedizione.

«Ho visto tutti e sette i corpi», ha dichiarato Tenjing. «Le operazioni di recupero sono molto difficili a causa del maltempo e delle continue scariche di neve».

Due incidenti in pochi giorni

Il bilancio di cinque italiani morti in Himalaya si riferisce a due distinti incidenti: oltre alla tragedia sullo Yalung Ri, altri connazionali sono rimasti coinvolti in una seconda valanga nel distretto di Dolakha, dove due alpinisti francesi e due nepalesi sono stati tratti in salvo martedì mattina. La nazionalità di un quinto superstite non è ancora stata resa nota.

Le condizioni meteo restano proibitive in tutta la regione, con bufere di neve e temperature polari che ostacolano i soccorsi. Le autorità nepalesi hanno disposto il blocco temporaneo di diverse spedizioni in quota, mentre le ambasciate europee a Kathmandu stanno fornendo assistenza alle famiglie delle vittime.

Un Himalaya sempre più pericoloso

Negli ultimi anni l’aumento delle temperature e l’instabilità climatica hanno reso le montagne del Nepal più imprevedibili. Le valanghe sono più frequenti, anche in periodi dell’anno tradizionalmente considerati sicuri. La tragedia di questi giorni, che ha coinvolto alpinisti esperti e ben equipaggiati, ricorda quanto la montagna più alta del mondo resti un luogo estremo, dove ogni passo può trasformarsi in un confine tra la vita e la morte.

Articolo pubblicato il 4 Novembre 2025 - 13:30 - A. Carlino

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