

Il sindaco gaetano Manfredi e il presidente De Laaurentiis
Napoli - “Oggi sullo stadio abbiamo una posizione chiara: siamo disposti a investire sul Maradona e, se il Napoli volesse farlo in proprio, siamo pronti a discuterne. Siamo anche disposti a vendere lo stadio, come è accaduto a Milano”.
Così il sindaco Gaetano Manfredi, intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli, ha rilanciato il dibattito sulla casa del Napoli, da mesi al centro di uno scontro sotterraneo ma costante con il presidente De Laurentiis.
Il primo cittadino ha sottolineato come l’obiettivo dell’amministrazione resti “fare le cose per il bene della squadra e della tifoseria”, ma ha ricordato allo stesso tempo i vincoli di un ente pubblico: “Qualora ci fosse questa disponibilità, noi non ci tireremo indietro, ma siamo un ente pubblico, quindi una situazione del genere andrebbe seguita con cura”.
Parole che arrivano dopo anni di frizioni con De Laurentiis su canone di concessione, lavori di ammodernamento, gestione commerciale dell’impianto e prospettive di un nuovo stadio di proprietà. Il patron azzurro, più volte, ha minacciato l’addio a Fuorigrotta, lamentando ritardi, burocrazia e limiti strutturali del Maradona, chiedendo maggiori margini di gestione o, in alternativa, ipotizzando la costruzione di un nuovo impianto fuori città.
Il richiamo a Milano non è casuale. Manfredi evoca l’esperienza lombarda – dove da anni si discute del futuro di San Siro e delle ipotesi di gestione e proprietà – per segnalare che anche a Napoli il Comune non esclude la cessione del bene, purché nel rispetto delle procedure e delle tutele pubbliche. L’apertura alla vendita rappresenta un salto di qualità nel confronto con la società di De Laurentiis, che ha sempre rivendicato la centralità dello stadio come asset strategico per aumentare ricavi, competitività e appeal internazionale del club.
In questo quadro, le opzioni adesso sul tavolo sono tre:investimento diretto del Comune per un restyling profondo del Maradona;ingresso del Napoli in un progetto condiviso di riqualificazione con una concessione a lungo termine;trattativa per una vera e propria cessione dell’impianto al club.
Ogni ipotesi comporta tempi, costi e vincoli diversi, ma tutte passano per un confronto politico–istituzionale che, fino ad oggi, è stato spesso condizionato dagli strappi e dalle dichiarazioni al vetriolo del presidente azzurro.
Manfredi ha inserito il dossier stadio dentro un quadro più ampio di sviluppo cittadino. “Questo è un momento molto importante per Napoli, il Pil della città cresce di più rispetto alle altre città italiane. Vogliamo creare lavoro e ricchezza per favorire uno sviluppo che Napoli merita. Siamo una grande capitale europea, quindi dobbiamo creare sempre nuove opportunità per crescere insieme”, ha aggiunto il sindaco.
In questa strategia, il Maradona non è solo un impianto sportivo, ma un’infrastruttura simbolo, potenziale volano di turismo, eventi internazionali, occupazione e indotto economico. Proprio su questo terreno De Laurentiis, in passato, ha spesso accusato il Comune di non saper valorizzare pienamente il marchio Napoli e la forza attrattiva del club campione d’Italia 2023, denunciando un quadro normativo e gestionale “vecchio” e poco competitivo rispetto agli standard europei.
Le dichiarazioni di Manfredi rappresentano, di fatto, una chiamata diretta a De Laurentiis: il Comune si dice pronto a investire, a condividere progetti o persino a vendere, ma chiede al Napoli di scoprire le carte. Dopo mesi di accuse incrociate su canoni, manutenzioni, naming rights, sponsor e utilizzo commerciale dello stadio, la nuova apertura istituzionale sposta ora la responsabilità della prossima mossa sul presidente.
Se da un lato il patron azzurro ha più volte rivendicato il diritto del club ad avere uno stadio moderno, multifunzionale e gestito in chiave industriale, dall’altro l’opinione pubblica e la tifoseria aspettano risposte concrete: un piano chiaro, cifre, tempi, progetti, per capire se il futuro del Napoli passerà ancora per il Maradona rinnovato o per una svolta radicale verso la proprietà privata.
Nel frattempo, lo stadio resta terreno di tensione politica e sportiva, ma anche banco di prova della capacità di Napoli di comportarsi davvero da “grande capitale europea”, come rivendica il sindaco, mettendo a sistema interessi pubblici, esigenze del club e aspettative di centinaia di migliaia di tifosi.