

La messa in sicurezza e restauro del Termopolio della Regio V
Pompei – Un vaso egiziano in pasta vitrea, finemente decorato con scene di caccia nilotiche, torna alla luce nel luogo più inatteso: la cucina di una popina, uno street food dell’antica Pompei. La scoperta, avvenuta durante i lavori di restauro e messa in sicurezza del Thermopolium della Regio V, offre un nuovo sguardo sulla vita quotidiana e sulla sorprendente rete di scambi culturali e commerciali che animava la città sepolta dal Vesuvio.
La situla, prodotta ad Alessandria d’Egitto, rappresentava un oggetto di lusso, solitamente esposto nei giardini o negli ambienti più raffinati delle domus pompeiane. Eppure, nel retrobottega di questa modesta attività, era stata riutilizzata come contenitore da cucina, forse per conservare liquidi o spezie. Un gesto che racconta la creatività e il pragmatismo dei ceti medi romani, ma anche la circolazione di stili, simboli e credenze tra Mediterraneo orientale e Campania romana.
«In questo piccolo spazio – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – vediamo una commistione tra sacro e profano: oggetti decorativi e strumenti quotidiani convivono, testimoniando la permeabilità culturale dell’Impero. È affascinante notare come elementi del culto egiziano, e poi cristiano, trovino terreno fertile non tra le élite, ma nei luoghi comuni della città».
Le indagini archeologiche hanno permesso di ricostruire l’intera organizzazione degli ambienti di servizio: al piano terra, un’area di lavoro con piano cottura, mortai, tegami e anfore provenienti da diverse regioni del Mediterraneo; al piano superiore, due piccole stanze, una delle quali decorata in IV stile, con pavimento giallo e arredi ricercati. Questi ambienti, oggi restaurati e protetti da nuove coperture amovibili, saranno valorizzati anche grazie a un moderno impianto di illuminazione che consentirà di ammirare i dettagli pittorici e architettonici con nuova profondità.
L’approfondimento completo, pubblicato sull’e-journal ufficiale degli Scavi di Pompei, racconta come questo piccolo retrobottega possa diventare una chiave preziosa per comprendere la quotidianità, le contaminazioni artistiche e i flussi culturali che attraversavano il cuore dell’Impero Romano.