

Pompei, RePAIR
A Pompei si chiude una delle sperimentazioni più ambiziose degli ultimi anni nel campo della tutela del patrimonio culturale. RePAIR, progetto europeo dedicato alla ricomposizione robotica di affreschi frammentati, arriva al suo epilogo dopo quattro anni di lavoro nei quali archeologia, intelligenza artificiale e robotica hanno operato fianco a fianco per affrontare una sfida considerata a lungo insormontabile: rimettere insieme opere ridotte in centinaia o migliaia di pezzi senza un’immagine finale a cui fare riferimento.
La piattaforma robotica, testata all’interno del Parco Archeologico e posizionata nella rinnovata Casina Rustica, ha dimostrato di poter riconoscere e manipolare in autonomia frammenti digitalizzati, grazie a due bracci dotati di “soft hand” e a un complesso sistema di visione. Gli algoritmi sviluppati dai team europei hanno trasformato i reperti in un gigantesco puzzle senza bordi né figura guida, ponendo le basi per una tecnologia destinata a cambiare il lavoro degli archeologi.
Il progetto ha operato su due casi emblematici: gli affreschi della Casa dei Pittori al Lavoro nell’Insula dei Casti Amanti, distrutti dall’eruzione e poi ulteriormente frantumati dai bombardamenti del 1943, e quelli della Schola Armaturarum, crollata nel 2010. La digitalizzazione, affidata anche a un dispositivo portatile creato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, ha permesso di acquisire modelli 3D e analisi iperspettrali di circa duemila frammenti, base indispensabile per la ricostruzione virtuale e fisica.
Per Marcello Pelillo, coordinatore del progetto e docente a Ca’ Foscari, RePAIR rappresenta un punto di svolta perché alleggerisce una delle attività più complesse dell’archeologia, liberando tempo e risorse per la ricerca scientifica. Una visione condivisa dal direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, che sottolinea come l’IA diventerà sempre più centrale nella gestione dei reperti, soprattutto in un Paese in cui gli scavi preventivi generano enormi quantità di dati.