Napoli - Errico D’ambrosio è uno degli ultimi collaboratori di giustizia entrati nel circuito delle indagini sull’organizzazione Amato-Pagano. Le sue dichiarazioni, raccolte a partire da gennaio 2024, hanno offerto agli inquirenti un quadro dettagliato delle dinamiche interne e dei traffici di droga che, tra il 2021 e il 2023, hanno alimentato le casse del clan.
D’Ambrosio, già coinvolto nel traffico internazionale di stupefacenti, era un intermediario di fiducia per più consorterie criminali. Dopo la scarcerazione, nel settembre 2021, fu “raccomandato” dalla potente famiglia calabrese dei Molè al gruppo di Melito, diventando uomo di riferimento per le forniture di cocaina provenienti dalla Spagna.
La raccomandazione dei Molè e l’ingresso nel sistema Amato-Pagano
Secondo quanto riferito ai magistrati, il reggente dei Molè, Nino Molè, avrebbe messo D’Ambrosio in contatto diretto con Pompilio Antonio, detto ’o Cafone, tramite una criptochat in cui Pompilio era conosciuto con il nickname Flauto.
Da quel momento, D’Ambrosio iniziò a collaborare con il gruppo di Melito, curando affari di droga anche per altri clan, come quello di Simone Bartiromo e Attanasio di Ponticelli.
Fu proprio la famiglia Molè a inserirlo nel circuito campano, consentendogli di gestire partite di droga per conto degli Amato-Pagano, con cui lavorò fino alla primavera del 2023.
Le forniture di cocaina dalla Spagna e il ruolo di “controllore”
Nel suo racconto, D’Ambrosio ha descritto un sistema di approvvigionamento stabile in Spagna, in particolare a Malaga, dove Pompilio Antonio si riforniva di cocaina boliviana attraverso un intermediario arabo noto come Ciack.
Il compito del collaboratore era quello di verificare la qualità della merce prima della spedizione. Se il carico superava i controlli, Pompilio tornava in Spagna per collocare un GPS nel container e seguire personalmente il trasporto su gomma fino in Italia.
Tra novembre e dicembre del 2022, D’Ambrosio avrebbe partecipato personalmente a due viaggi con Pompilio e un altro affiliato, Enzo detto Tempesta, per concludere trattative con i fornitori iberici.
Le chat segrete e i nickname del clan
Le comunicazioni tra gli affiliati avvenivano sulla piattaforma criptata Matrix, dove ciascun membro del gruppo aveva un nome in codice.
Pompilio era Johnny (già Matto), Marrone Antonio era Prince, Raffaele Marrone era Gazebo, Errichelli Maurizio era Le Mans, Bocchetti Enrico era Benzemà, e Vincenzo Nappi era Brad.
D’Ambrosio ha raccontato che la droga veniva custodita in un deposito a Gricignano di Aversa, di cui erano a conoscenza solo Pompilio, Marrone e Bocchetti. Dopo un blitz e alcuni arresti, il controllo dello stupefacente sarebbe passato nelle mani di Bocchetti Enrico, diventato nuovo reggente.
La geografia criminale del clan tra Melito, Scampia e Mugnano
Nel suo interrogatorio del luglio 2024, D’Ambrosio ha delineato la mappa del potere del clan Amato-Pagano tra il 2021 e il 2023.
A Melito, la zona era gestita da Vincenzo Nappi, detto il Pittore, poi sostituito da Bocchetti Enrico dopo l’omicidio del primo.
A Scampia, la gestione delle piazze di spaccio era affidata a un certo Salvatore della 33, collegato anche al gruppo Abbinante.
Ai Sette Palazzi, il controllo era di De Cicco Alessandro, detto Gettone, poi passato a Cicciotto Careca.Potrebbe interessarti
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Lo Chalet Bakù, infine, era gestito da Ciccio Raia, finché non fu arrestato.
Le estorsioni a Mugnano erano dirette da Calzone Carlo, detto Pisano.
A capo di tutto, secondo il pentito, c’era Pompilio Antonio, che teneva le fila dal suo quartier generale di Mugnano, fino al momento in cui, dopo l’omicidio Nappi, si allontanò dall’Italia.
Summit, reggenze e la figura di Amato Debora
Nell’interrogatorio del 25 luglio 2024, D’Ambrosio ha identificato Amato Debora, sorella di Lello Amato, come una figura di spicco nelle dinamiche decisionali del clan.
La donna, spesso presente ai summit nelle case di appoggio insieme a Pompilio, era descritta come “molto temuta” e capace di assumere decisioni strategiche con il marito Mimmo, uno degli uomini subentrati alla reggenza dopo l’arresto di Bocchetti Enrico.
Pompilio le aveva confidato di essere “stressato dalle sue continue visite” e di temere che fossero controllati dalla DIA, già in possesso di intercettazioni e microspie.
Il viaggio a Barcellona e i conti della famiglia
D’Ambrosio ha inoltre raccontato di un viaggio compiuto da Amato Debora e suo marito Mimmo nel luglio 2023 a Barcellona, per un “incontro chiarificatore” con Pompilio Antonio.
L’obiettivo era verificare i conti della famiglia e ristabilire la pace interna al gruppo dopo mesi di tensioni e sospetti di tradimento.
Secondo quanto riferito, la riunione non servì a placare del tutto le ostilità. Anche se Amato Debora garantì a Pompilio che Bocchetti, nel frattempo arrestato, non gli avrebbe fatto nulla, ’o Cafone scelse comunque di rimanere in Spagna per timore di essere ucciso.
La “società” di Mugnano e i guadagni occulti
Alla base dei contrasti interni, il collaboratore colloca la nascita di una vera e propria società parallela creata da Pompilio e dai suoi fedelissimi per gestire la droga fuori dalle aree di Melito e Mugnano.
Del gruppo facevano parte Marrone Antonio, Calzone Carlo, Carletto il Piccolino (alias Giovinco), Enzo Tempesta, Errichelli Maurizio e Careca.
Secondo D’Ambrosio, i profitti raggiungevano anche i 40 mila euro al mese. Quando Bocchetti Enrico scoprì la divisione degli introiti, esplose il conflitto interno che spinse Pompilio a fuggire all’estero.
Un mosaico di conferme
Le dichiarazioni di Errico D’Ambrosio, ancora non vagliate in sede giudiziaria, coincidono tuttavia con le versioni di altri collaboratori già ritenuti attendibili — Raffaele Imperiale, Bruno Carbone, Tsvetan Sabev e Salvatore Roselli — che avevano descritto lo stesso sistema di traffico internazionale di stupefacenti gestito dal clan Amato-Pagano.
Un mosaico che, incastrato pezzo dopo pezzo, restituisce l’immagine di una struttura criminale ramificata, capace di operare tra l’Europa e la Campania con metodi da impresa e gerarchie da esercito.
3. continua





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