Napoli - La richiesta è netta: confermare l’ergastolo inflitto in primo grado a Francesco Pio Valda. È quanto sostenuto dalla sostituta procuratrice generale di Napoli durante la prima udienza del processo d’appello per l’omicidio di Francesco Pio maimone, il 18enne ucciso da un colpo di pistola nella zona degli chalet di Mergellina, nella notte del 20 marzo 2023.
In aula, ancora una volta, i genitori della vittima, Antonio Maimone e Tina Napoletano. Ascoltano in silenzio la ricostruzione degli ultimi istanti di vita del figlio, un ragazzo che non aveva alcun ruolo nella lite nata — secondo le indagini — per motivi futili: una scarpa griffata sporcata e una discussione degenerata tra giovani legati ai quartieri Barra e Traiano.
La sentenza di primo grado aveva riconosciuto Valda colpevole di omicidio volontario, ritenendo che sparò più volte «ad altezza uomo». Una di quelle pallottole colpì Maimone al cuore.
"Non ci sono margini per parlare di legittima difesa"
La procuratrice, nella requisitoria, ha ribadito la ricostruzione: "Non ci sono margini per parlare di legittima difesa.Potrebbe interessarti
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La difesa sostiene invece che il giovane agì in reazione ad un’aggressione e invoca il riconoscimento della legittima difesa o, al massimo, dell’eccesso colposo.
Intanto la famiglia Maimone affida a una nota la propria posizione: ritengono la condanna all’ergastolo «una certezza nell’affermare il diritto alla vita» e un messaggio per i coetanei che rischiano di cadere nella spirale della violenza: "Troppi ragazzi vengono spezzati da armi in mano ad altri ragazzi".
Nel processo d’appello, oltre a Valda, sono imputati anche alcuni parenti e amici del giovane, già condannati in primo grado a pene più lievi. La procura generale ha chiesto la conferma delle condanne per Pasquale Saiz, Giuseppina Niglio e Alessandra Clemente, mentre ha chiesto una riduzione della pena solo per Salvatore Mancini.
Francesco Pio — raccontano i familiari — morì tra le braccia di un amico, senza aver compreso la ragione di quella violenza. "Una sola parola volevo sentire: ergastolo", disse tra le lacrime la madre al termine della prima sentenza. E oggi, in appello, continua a chiedere giustizia: "Depositate le armi. Credete nella vita. La strada della violenza porta solo al carcere o alla morte".







Commenti (1)
E’ triste che ci siano cosi tanti giovani coinvolti in violenza, speriamo che il processo porti a una decisione giusta. I genitori della vittima devono affrontare un dolore immenso, e la società deve riflettere su queste situazioni.