AGGIORNAMENTO : 24 Novembre 2025 - 06:41
8.6 C
Napoli
AGGIORNAMENTO : 24 Novembre 2025 - 06:41
8.6 C
Napoli
Story
Story
Reel
Reel
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Reel
Reel
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Story
Video
Video
Story
Story
Story
Story
Reel
Reel
Reel
Reel
Reel
Reel
Reel
Reel
IL VIDEO

Napoli, la mappa nascosta della violenza di genere: ex partner nel 90% dei casi

Dal centro storico ai paesi del Vesuvio, l’analisi dei Carabinieri fotografa un fenomeno trasversale e radicato: aggressioni, stalking e femminicidi consumati tra mura domestiche, parcheggi e belvedere. Crescono le denunce e le ‘stanze tutte per sé’, ma denunciare resta un salto nel vuoto che troppe donne affrontano ancora in solitudine
Ascolta questo articolo ora...
Caricamento in corso...
Napoli, la mappa nascosta della violenza di genere: ex partner nel 90% dei casi

Napoli e provincia si confermano un fronte caldo della violenza di genere: un fenomeno trasversale che attraversa quartieri, paesi e ceti sociali, e che nel 90% dei casi esplode nelle relazioni di coppia finite male, spesso sotto gli occhi dei figli. In questo scenario, l’Arma dei Carabinieri di Napoli prova a trasformare la denuncia da ultimo atto disperato a primo passo possibile, con analisi, presidi sul territorio e luoghi dedicati all’ascolto.​

Un fenomeno trasversale e radicato

Dai dati raccolti dal Comando Provinciale emerge un quadro netto: la violenza di genere non appartiene a un solo ceto, a un solo quartiere o a un’unica fascia d’età, ma attraversa indistintamente Napoli e la sua provincia, famiglie “normali”, coppie giovani e anziane. In metà dei casi gli episodi si consumano nel capoluogo e nell’altra metà nei comuni dell’hinterland, a conferma di un problema sistemico che non conosce confini tra centro e periferia.​

Le dinamiche ricorrenti descrivono uomini incapaci di accettare una separazione, travolti da gelosia patologica, controllo ossessivo e bisogno di dominio, spesso maturati in relazioni già segnate da anni di maltrattamenti “normalizzati” in casa. È in questo groviglio di dipendenze affettive, fragilità personali e modelli culturali distorti che la violenza trova terreno fertile, fino a trasformarsi in femminicidio.​

Il tempo della denuncia e il peso della paura

L’analisi dei Carabinieri racconta anche il momento in cui le donne decidono di uscire dal silenzio: la maggior parte si rivolge alle forze dell’ordine subito dopo il primo episodio, spesso perché la violenza è talmente grave da rendere evidente il rischio per sé e per i figli, o perché una rete familiare le spinge a chiedere aiuto. Ma una fetta significativa di denunce arriva solo dopo 3-6 mesi, il tempo in cui paura, dipendenza economica, sensi di colpa e la speranza che “lui possa cambiare” ritardano il passo verso la caserma.​

In 8 casi su 10 le vittime hanno figli, spesso minorenni, testimoni diretti o indiretti di urla, botte, minacce. La presenza dei bambini rende più difficile tagliare il legame, perché implica trovare una nuova casa, un reddito stabile, una rete di supporto, e allo stesso tempo diventa un’arma di ricatto: visite, affido, foto o video usati come strumenti di pressione.​

L’ex partner, l’ora più buia

Nel 90% delle situazioni censite, l’autore della violenza è un ex compagno o ex marito: il momento della separazione è la fase più pericolosa, quando la fine del rapporto viene vissuta come una ferita narcisistica e una perdita di controllo. È il caso delle minacce al distributore di Somma Vesuviana, dove un 49enne, già denunciato in passato, blocca l’auto dell’ex e la assedia con pugni e urla, coltello nel borsello e la pretesa di “solo parlare” mentre tenta di forzare la portiera.​

La stessa rabbia cieca si ritrova ad Acerra, dove un 20enne individua la ex 19enne seduta su una panchina con le amiche, la aggredisce e poi lancia lo scooter contro il gruppo, colpendole tutte e fuggendo: solo il caso evita l’ennesimo femminicidio annunciato. In altri episodi l’ossessione si traduce in stalking martellante, pedinamenti, telefonate incessanti, minacce di diffondere video intimi ai figli pur di riportare indietro una relazione finita.​

Martina, Olena, Daniela, Marta: nomi che restano

Quattro nomi, quattro storie che hanno segnato la cronaca recente di Napoli e provincia: Martina Carbonaro, Olena Vasyl’yeva, Daniela Strazzullo e Marta, giovane ucraina uccisa a Barano d’Ischia. Martina, minorenne, viene ritrovata senza vita dopo ore di ricerche: il suo presunto assassino confessa di averne occultato il corpo, un omicidio pluriaggravato che ha scosso Afragola.​

Olena, ferita alla testa dal marito con una mazzuola da carpentiere per futili motivi, lotta in ospedale per settimane prima di morire, trasformando un tentato omicidio domestico in femminicidio. Daniela, ferita gravemente da un colpo d’arma da fuoco in auto a Volla, muore dopo poche ore, in un quadro che gli investigatori leggono come possibile tentato omicidio-suicidio. Marta, a Ischia, dopo mesi di maltrattamenti, viene lasciata ferita in un dirupo e poi raggiunta e soffocata dal compagno: l’autopsia svela la dinamica omicida e porta all’aggravamento delle accuse.​

La quotidianità delle botte: violenza “di prossimità”

Accanto ai casi che finiscono sui giornali, la mappa dei Carabinieri è costellata di episodi “ordinari”, consumati tra scale condominiali, strade di paese, appartamenti di periferia. A Pozzuoli un uomo massacrava da tempo la ex davanti al figlio piccolo, fino al tentativo di gettarla da un belvedere: solo la resistenza disperata della donna evita la caduta, mentre i militari lo rintracciano e arrestano per tentato omicidio e maltrattamenti.​

Sempre a Pozzuoli, un’altra moglie viene aggredita in strada dal marito 50enne, già protagonista di violenze in passato mai denunciate: urla e richieste di aiuto richiamano tre ragazzi che la strappano alle sue mani, in attesa dell’arrivo della pattuglia.

Potrebbe interessarti

Leggi di più suCronaca Napoli
A Qualiano, in un appartamento a soqquadro, i Carabinieri intervengono su segnalazione anonima: trovano un 40enne che ha pestato la moglie davanti ai tre figli, minacciandola con un coltello, mentre in casa si scoprono anche droga e una lunga scia di denunce pregresse.​

Quando il carnefice è in famiglia

La violenza non arriva soltanto dai partner o dagli ex, ma anche da dentro la famiglia d’origine: a Napoli, Rione Alto, un 44enne trascina la madre 86enne fuori dal portone, tra il sangue e le urla che richiamano passanti e Carabinieri. I vicini raccontano di liti e richieste d’aiuto già sentite in passato, finché l’ennesima aggressione fa scattare l’arresto per maltrattamenti e lesioni aggravate.​

In un altro caso, un padre di 51 anni cerca di sfondare la porta di casa della figlia 24enne, che si è barricata in appartamento terrorizzata dopo una lunga serie di minacce e atti persecutori. La scena si consuma nel cuore della movida, mentre le pattuglie sono impegnate nei controlli notturni: il servizio viene interrotto per correre in quell’abitazione, dove l’uomo continua a minacciare di morte la ragazza anche davanti ai militari.​

Stalking, assedi e ossessioni

Non sempre la violenza usa i pugni; spesso logora a colpi di messaggi, pedinamenti, appostamenti sotto casa e pressioni psicologiche che svuotano la libertà quotidiana. A Vico Equense un 44enne trasforma la vicina di casa in un’ossessione: ne stampa le foto dai social, le incornicia e le tiene sul comodino, presidia il pianerottolo, la segue per strada, la ricopre di regali non richiesti e poi di insulti, fino a farle temere ogni uscita.​

A Monte di Procida un 67enne insegue in auto l’ex compagna, armato di taglierino, dopo mesi di pedinamenti e minacce mai denunciati: la chiamata al 112 mette in moto la ricerca, il blocco del veicolo e il sequestro dell’arma. A Ercolano, invece, una donna vive un assedio silenzioso: l’ex marito è sotto casa di notte e nei luoghi che lei frequenta di giorno, citofona, la osserva, la costringe a un percorso psicologico finché l’ennesimo “è di nuovo qui” al telefono convince i Carabinieri a intervenire e arrestarlo per atti persecutori.​

Vent’anni di violenza e una casa bruciata

A Pollena Trocchia la storia di una famiglia racconta cosa significa vivere per due decenni sotto lo stesso tetto con un uomo divorato da dipendenza da droghe, alcol e gioco. Dal 2005 si susseguono insulti, minacce, botte, separazioni solo sulla carta, finché, di fronte al rifiuto di tornare insieme, l’ex marito dà fuoco alla casa: l’abitazione viene distrutta, per fortuna vuota, mentre sulle sue mani restano le tracce dell’incendio quando si consegna in caserma.​

Prima di arrendersi ai Carabinieri, l’uomo aggredisce anche un passante, gli strappa il telefono e lo chiude in un cortile, convinto che abbia una relazione con l’ex moglie. In pochi minuti la violenza domestica si allarga a sequestro di persona, rapina e incendio doloso, riassumendo anni di vessazioni che la donna aveva già denunciato senza riuscire a spezzare la catena.​

Le “stanze tutte per sé” e la rete di protezione

Accanto all’attività repressiva, l’Arma a Napoli punta su luoghi e linguaggi nuovi per favorire il coraggio di denunciare: nelle caserme di Capodimonte, Caivano, Ercolano e Podgora sono operative le “stanze tutte per sé”, ambienti accoglienti in cui le donne possono raccontare la propria storia lontano da corridoi affollati e sguardi indiscreti. Il progetto nasce dal protocollo d’intesa con Soroptimist International d’Italia e viene progressivamente esteso sul territorio, con nuove stanze inaugurate e in via di apertura, anche in concomitanza con il 25 novembre.​

Questi spazi si inseriscono in una rete più ampia che coinvolge Procure, servizi sociali, centri antiviolenza, associazioni e scuole, con momenti di formazione e sensibilizzazione rivolti a studenti e famiglie per riconoscere in anticipo i segnali di rischio. Il messaggio è chiaro: la violenza di genere non si combatte solo con l’arresto, ma con una risposta integrata che unisce protezione, ascolto, supporto psicologico e autonomia economica.​

Un numero da chiamare, un passo da non fare da sole

Il 112 resta il primo presidio, attivo 24 ore su 24, per segnalare ogni episodio di violenza o minaccia, anche quando “sembra solo una lite”. Accanto a questo, il 1522 – numero nazionale antiviolenza – offre ascolto, orientamento ai servizi e informazioni sui percorsi di uscita dalla violenza, gratuito e anonimo.​

Dalle storie raccolte in questi mesi emerge che spesso a cambiare il corso delle cose è un gesto minimo: la telefonata di un figlio, la confidenza a una carabiniera incontrata in caserma, l’intervento di un passante che non volta lo sguardo. Denunciare resta un passo enorme, soprattutto quando in casa ci sono figli, ricatti economici e anni di terrore, ma non deve essere un passo compiuto da sole: la protezione diventa reale quando il silenzio lascia spazio alla fiducia in una rete che può e deve accogliere.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 24 Novembre 2025 - 06:41 - Rosaria Federico

Primo piano

Notizie del giorno

PODCAST
Ultimi episodi
La replica immaginaria di Francesco Pio Maimone al suo assassino: "Io sceglievo il lavoro, tu la pistola"
La replica immaginaria di Francesco Pio Maimone al suo assassino: "Io sceglievo il lavoro, tu la pistola"
👉 Leggi l'articolo
0:00 0:00
Vol
Ad is loading…