Napoli – Una svolta giudiziaria destinata a far discutere quella arrivata dalla Corte d’Appello di Napoli, che ha assolto con formula piena Alfredo Batti, annullando la condanna inflitta in primo grado per traffico di stupefacenti.
Per i giudici, “il fatto non sussiste”: nessuna responsabilità può essere attribuita all’uomo indicato per anni come il presunto “re della droga” dell’area vesuviana.
Le accuse e il ruolo attribuito dagli inquirenti
Secondo la Polizia Giudiziaria, Batti sarebbe stato al vertice di un sistema di spaccio radicato a San Giuseppe Vesuviano e nei comuni vicini. Le indagini lo descrivevano come organizzatore e promotore di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, capace di gestire approvvigionamenti e piazze locali.
Il GIP di Napoli, nel giudizio di primo grado con rito abbreviato, lo aveva condannato a tre anni e quattro mesi, ritenendo attendibile la ricostruzione accusatoria relativa a una presunta partita di droga destinata al mercato clandestino del territorio.Potrebbe interessarti
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La Corte d’Appello ribalta tutto: “Mancano prove concrete”
Il collegio d’Appello ha invece demolito l’intero impianto accusatorio. Una sentenza netta, maturata dopo un lungo confronto tecnico-giuridico in cui la difesa – rappresentata dagli avvocati Gennaro De Gennaro e Antonio Del Vecchio – ha messo in evidenza l’assenza di riscontri oggettivi, le lacune nelle indagini e la mancanza di elementi certi che collegassero Batti al traffico di stupefacenti contestato.
La Corte ha ritenuto che gli indizi fossero insufficienti a sostenere l’accusa, riconoscendo integralmente le ragioni della difesa e portando così all’assoluzione piena dell’imputato.
Le altre sentenze del processo
Diversa, invece, la sorte degli altri imputati coinvolti nella medesima inchiesta:
Giuseppe Mingo: condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione
Pasquale Ulio: condannato a 6 anni
Annamaria De Rosa, Francesco Langella, Nicola Liguori e Antonio Nappo: per loro la Corte ha dichiarato la prescrizione dei reati
Il procedimento si chiude così con un esito sorprendente e diametralmente opposto per Alfredo Batti, che vede cadere ogni ombra sulla sua posizione dopo anni di indagini e un primo grado sfavorevole. Una sentenza che riapre inevitabilmente il dibattito sui metodi investigativi e sulle prove utilizzate nei processi legati al traffico di droga nell’area vesuviana.


















































































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