Cronaca Napoli

Ischia, 19 anni dopo la frana del Monte Vezzi famiglie ancora nei container

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Ischia - A quasi diciannove anni dalla frana di Monte Vezzi del 30 aprile 2006, che inghiottì vite innocenti, tra cui quella del cuoco Luigi Buono, la situazione degli sfollati non è solo drammatica: è una vergogna nazionale che si consuma in una pineta. Quella tragedia, la prima grande ferita idrogeologica della nostra epoca, seguita dagli orrori di Casamicciola (2009 e 2022), ha lasciato un segno di degrado e abbandono.

Diverse famiglie, superstiti di quella catastrofe e di un'inerzia amministrativa ventennale, sono ancora relegate in container fatiscenti presso il camping di via Foschini. Non sono alloggi di emergenza temporanei, ma un ghetto di lamiere che resiste al tempo e all'oblio.

La vita quotidiana tra rischio e degrado

Il paradosso è grottesco: queste famiglie non solo sono costrette a vivere in abitazioni precarie, ma sono obbligate ad evacuarle in caso di semplice allerta meteo gialla o arancione, condannate a un rischio vita quotidiano che le istituzioni non hanno mai risolto.

In questo scenario di totale abbandono, il grido straziante è arrivato al deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli. A lanciarlo, una madre che vive con i suoi figli in condizioni di estrema indigenza, costretta a combattere una battaglia disumana con la sporcizia e l'infestazione.

"Viviamo ancora in scatole di metallo dopo quasi 20 anni. Siamo sette famiglie sistemate qui," ha denunciato la donna con la voce rotta. "Mia nonna è morta due mesi fa e trasportare il corpo fuori da questa scatola di metallo è stato straziante. Mio nonno non riesce più a camminare perché sprofonda."

La testimonianza si fa agghiacciante quando descrive la notte: "Prima di andare a letto dobbiamo mettere le trappole per topi perché ne siamo invasi. Siamo in una pineta dove ci sono alberi che, con questo maltempo, ci hanno distrutto il prefabbricato."

Il fallimento dei fondi: un progetto "andato in fumo"

L'amarezza si mescola alla rabbia per i fondi mai spesi e le promesse mancate. La madre punta il dito contro l'inefficacia delle misure e la chiusura delle porte istituzionali: "Le amministrazioni ci hanno abbandonato. Il sindaco addirittura non ci riceve neanche più."

E sui finanziamenti destinati alla prevenzione, la beffa: "Hanno stanziato dei soldi per mettere la montagna in sicurezza. Ma questi fondi non li useranno mai. Già 15 anni fa vennero stanziati tre milioni di euro con progetto alla mano, ma i soldi sono finiti e il progetto è andato in fumo."

L'ira di Borrelli: "Dignità calpestata dall'inerzia"

Di fronte alle immagini del degrado — pavimenti marci, fili elettrici scoperti e l'area esterna trasformata in una discarica a cielo aperto — il deputato Francesco Emilio Borrelli ha raccolto l'appello con durezza.

"È inammissibile che a quasi due decenni di distanza da una tragedia, ci siano ancora famiglie costrette a vivere in queste condizioni, in alloggi che si stanno letteralmente disintegrando e in un ambiente a rischio, infestato dai topi," ha tuonato Borrelli.

Il messaggio alle autorità è perentorio: "La dignità di queste persone e la memoria delle vittime non possono essere calpestate da un'inerzia amministrativa che dura da troppo tempo. Chiederemo conto sullo stato dei fondi stanziati e sulla mancanza di soluzioni abitative dignitose."

Il deputato ha riconosciuto l'impegno del Commissario Straordinario Giovanni Legnini per la ricostruzione, ma ha posto un diktat: le esigenze immediate di chi vive nel dramma del container devono essere la massima priorità. L'obiettivo è chiaro: garantire una sistemazione consona subito e scongiurare che i fondi per la prevenzione subiscano l'ennesimo fallimento della storia isolana.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 28 Novembre 2025 - 17:05 - Vincenzo Scarpa
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Vincenzo Scarpa