

Nella foto, un particolare della vicenda.
In Russia la fantascienza ha appena fatto un passo deciso dentro la realtà. A Mosca, l’azienda neurotecnologica Neiry ha annunciato di aver completato con successo i test sui primi piccioni dotati di chip cerebrali, trasformati a tutti gli effetti in biodroni per la sorveglianza urbana. Uccelli comuni, presenti in ogni città del mondo, che grazie a elettrodi impiantati e micro-dispositivi elettronici montati sul dorso, hanno compiuto voli di andata e ritorno da un laboratorio seguendo traiettorie guidate dall’uomo.
Sembra un estratto di Black Mirror oppure di un film di fantascienza, e invece è cronaca scientifica.
Secondo quanto dichiarato da Neiry, gli uccelli sono stati equipaggiati con:
L’azienda sostiene che non è necessario alcun addestramento comportamentale: il sistema interviene direttamente sulle aree cerebrali responsabili dell’orientamento. Una “guida remota”, di fatto.
Neiry garantisce anche una sopravvivenza “del 100%” grazie a tecniche chirurgiche avanzate. Il costo? Paragonabile a quello di un normale drone, ma con autonomia e portata immensamente superiori.
E non finisce qui: l’azienda sta studiando l’impiego della stessa tecnologia su corvi, gabbiani e perfino albatros, a seconda delle missioni.
È impossibile non percepire un misto di meraviglia e inquietudine davanti a questa notizia.
Da un lato, siamo di fronte a una conquista scientifica gigantesca, un ponte tra biologia e robotica che fino a pochi anni fa sarebbe stato ritenuto impossibile. L’uomo che dialoga con la natura, che “pilota” un essere vivente integrando cervelli e microchip: è qualcosa che sfida l’immaginazione.
Dall’altro lato, però, è inevitabile chiedersi dove può portarci tutto ciò.
L’idea che nel giro di qualche anno, nelle nostre città, possano volare interi stormi di biodroni di sorveglianza, solleva scenari che fanno rabbrividire. Un colombo sul davanzale potrebbe non essere più un semplice uccello, ma un dispositivo di monitoraggio. Un occhio artificiale mascherato da creatura innocua.
E la mente corre a scenari ancora più cupi: biodroni come armi, potenzialmente imbottiti di esplosivo, capaci di colpire con precisione chirurgica e in modo quasi indistinguibile dalla natura. Una bio-bomba che sfrutta le ali di un animale vero.
Queste innovazioni – che ai nostri occhi occidentali possono apparire borderline, quasi eticamente inaccettabili – in altre parti del mondo vengono portate avanti senza esitazioni. E proprio per questo stanno creando una forma di supremazia tecnologica, che inevitabilmente ci costringerà a riflettere.
Forse il punto non è rifiutare a priori queste esplorazioni, ma trovare una sintesi culturale, un equilibrio nuovo tra progresso, etica e visione del mondo.
Un po’ come facevano gli antichi nativi americani, che consideravano sacri gli animali ma al tempo stesso li cacciavano per necessità: una sintesi difficile, dolorosa, ma necessaria per convivere con la natura e con la propria sopravvivenza.
Forse anche noi, in Europa e in Occidente, dovremmo imparare a guardare alla scienza da entrambi i lati: non solo come meraviglia o come minaccia, ma come realtà complessa, che chiede di essere compresa prima che giudicata.
Una cosa è certa: questi piccioni “biodroni” segnano una soglia simbolica.
Il confine tra naturale e artificiale non è più un muro: è un’area grigia, un ponte, un territorio nuovo. Un territorio che può portarci a salvare vite umane con operazioni di soccorso mai viste prima… o a trasformare innocui uccelli in strumenti di controllo e conflitto.
Siamo davanti a un futuro che avanza veloce, spesso più veloce della nostra capacità di comprenderlo.
E forse la domanda più importante non è “cosa possiamo fare?”, ma “cosa vogliamo diventare?”s
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Ho letto l'articolo e sembra molto interessante, ma ci sono molte domande che non hanno risposta. I piccioni sono animali e usare loro per la sorveglianza potrebbe creae più problemi che benefici. La tecnologia è utile, ma a che prezzo?