Cronaca Giudiziaria

Ecco come il gruppo Musella da Casoria inondava di cocaina Sannio e Irpinia

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La holding della cocaina della famiglia Musella di Casoria faceva viaggiare lo stupefacente con un "permesso speciale", o meglio utilizzando un mezzo in disuso della protezione civile. E grazie alle cimici che gli investigatori avevano piazzato nel mezzo che sono stati scoperti e arrestati.

Ma all'appello del blitz di ieri che ha portato in carcere sei persone e una settima ai domiciliari manca l'ottavo che è proprio il capo: Edoardo Musella, 44 anni, ritenuto il promotore e il finanziatore dell'intera organizzazione. Gli investigatori sono sulle sue tracce da ieri.

Il cavallo di Troia con i lampeggianti

Il dettaglio che svela la spregiudicatezza della banda è nel metodo di trasporto. Per muovere i carichi di cocaina da Napoli verso le piazze di spaccio nel Sannio e in Irpinia, il gruppo utilizzava un'insospettabile "auto di servizio": un fuoristrada in disuso della Protezione Civile.

Il veicolo, sebbene non più operativo per l'ente (totalmente estraneo ai fatti), manteneva intatti i lampeggianti e le iscrizioni ufficiali sulle fiancate. Un lasciapassare perfetto. L'espediente, secondo gli inquirenti, era essenziale per superare eventuali posti di blocco delle forze dell'ordine senza destare il minimo sospetto. Chi mai fermerebbe un mezzo di soccorso?

Ma l'inganno è diventato la loro condanna. Gli investigatori della Squadra Mobile di Benevento, diretta da Flavio Tranquillo, hanno fiutato la pista, individuato il mezzo e, su disposizione della DDA (coordinata da Nicola Gratteri, con i sostituti Woodcock e Di Lauro), lo hanno trasformato in una trappola. Facendo installare delle cimici, gli agenti hanno ascoltato in diretta per mesi, scoprendo movimenti, contatti, luoghi di consegna e mappando l'intera rete di spaccio tra il Sannio e l'Irpinia.

La piramide della holding

L'ordinanza del GIP, Mariano Sorrentino, delinea una struttura gerarchica precisa, quasi manageriale, dove ogni associato aveva un compito definito.

Il Capo (Edoardo Musella, 44enne): Il "fantasma" ricercato. È accusato di essere il capo e promotore. Sarebbe stato lui a dirigere, finanziare e organizzare l'intero traffico, coordinando l'acquisto e lo smercio, riscuotendo i proventi e assegnando i ruoli.

L'Organizzatore Logistico (Gennaro Musella, 66enne): Padre di Edoardo, finito in carcere. È descritto come l'organizzatore dei viaggi e lui stesso corriere. Avrebbe coadiuvato il figlio prendendo in consegna la cocaina, trasportandola e cedendola agli acquirenti, tra cui Mucci e Marino, per poi riscuotere i corrispettivi.

L'Autista "Insospettabile" (Patrizio Buonocore, 61enne): Finito ai domiciliari. Sarebbe stato lui l'uomo alla guida del fuoristrada della Protezione Civile. L'accusa lo indica come colui che coadiuvava "sistematicamente" Gennaro Musella nei viaggi di rifornimento e consegna.

I Grossisti Locali (Giuseppe Mucci, 57enne, e Roberto Marino, 51enne): Entrambi in carcere. Non semplici clienti, ma "stabili acquirenti". Acquistavano, secondo l'accusa, "cospicui" quantitativi di cocaina dal clan Musella per poi, a loro volta, rivenderla sulle rispettive piazze. Mucci operava da una casa ad Apollosa (BN), pur risiedendo in città; Marino agiva ad Altavilla Irpina.

Il Custode (Bruno Adinolfi, 32enne): In carcere. A lui sarebbe spettato il compito di "deposito e custodia" della sostanza stupefacente, il magazziniere della holding.

L'agenda dello spaccio e il pestaggio

L'attività, iniziata nell'aprile 2023, era frenetica. Le intercettazioni hanno documentato un fiume di droga. Solo verso Giuseppe Mucci, ad Apollosa, si registrano decine di consegne: una da 5.000 euro a settembre; un'altra di 100 grammi per 3.500 euro a ottobre; una partita da oltre 219 grammi a gennaio 2024; e un'altra ancora dal valore stimato di 4.100 euro.

Ma il sodalizio non si occupava solo di polvere bianca. Dall'inchiesta emerge un capitolo di violenza cruda, una tentata estorsione da 32.500 euro.

I protagonisti di questa vicenda parallela sarebbero Roberto Marino (il "grossista" irpino) in qualità di mandante, e Sabato Ferrante (24enne) con Gennaro Ferrante (31enne) come esecutori materiali. La vittima, un acquirente (identificato in P.C.) "colpevole" di un debito di droga non onorato.

Il 5 dicembre 2022, i due Ferrante avrebbero raggiunto il debitore nella sua abitazione a Benevento. La scena descritta è brutale: l'uomo sarebbe stato prima minacciato con una mitraglietta, poi colpito con il calcio di una pistola e infine pestato a sangue con calci e pugni. Il malcapitato se la cavò con un trauma cranico e una prognosi di cinque giorni, senza danni permanenti.

Ora gli arrestati, difesi tra gli altri dagli avvocati Giuseppe Caturano (per Mucci) e Valeria Verrusio (per Marino), si trovano negli istituti di pena di Napoli e Avellino. Nei prossimi giorni saranno interrogati dal GIP Mariano Sorrentino, mentre la caccia all'uomo per chiudere definitivamente il cerchio continua.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 12 Novembre 2025 - 20:36 - Rosaria Federico
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Rosaria Federico