Marco Pio Salomone
Napoli - Un bersaglio sbagliato: la confessione del baby killer e gli accertamenti della Squadra Mobile, coordinati prima dalla DDA e poi dalla Procura per i minorenni, hanno chiarito che il vero obiettivo dell’agguato non era Marco Pio Salomone, ma un suo amico seduto sul sedile anteriore della Panda, mentre il 19enne si trovava dietro.
Il 15enne, reo confesso, avrebbe raccontato di essersi avvicinato a piedi all’auto parcheggiata in via Generale Francesco Pinto, zona Arenaccia, di aver riconosciuto il gruppo di “rivali” e di aver sparato un solo colpo di pistola verso l’abitacolo.
La vittima è stata colpita alla fronte, soccorsa dagli amici e trasportata d’urgenza in ospedale, dove è morta poche ore dopo per la gravità della ferita, risultata inoperabile.
Il ragazzo, residente nell’area di piazza Carlo III, aveva piccoli precedenti di polizia legati allo spaccio di droga, elemento che inserisce l’omicidio nello scenario delle tensioni per il controllo delle piazze della movida giovanile.
Ma l'omicidio, per una versione probabilmente di convenienza, sarebbe avvenuta per 'uno sguardo di troppo'. È quanto avrebbero riferito gli amici della vittima agli inquirenti e agli investigatori della Polizia che li hanno sentiti dopo l'omicidio.
Una versione, quella del dissidio per futili motivi, che non convince affatto gli inquirenti secondo i quali il movente andrebbe rintracciato negli attriti sorti per divergenze nello spaccio. Tutti i giovani coinvolti, secondo quanto si apprende, sarebbero infatti coinvolti nello spaccio di droga
Il minorenne, che si è presentato in questura con il suo avvocato dichiarando “ho sparato io”, è accusato di omicidio aggravato e di porto e detenzione illegale di arma da fuoco.
Resta però aperta la domanda decisiva: chi ha messo in mano una pistola a un quindicenne, chi l’ha procurata e chi eventualmente l’ha fatta sparire dopo l’agguato o l’ha ripresa in custodia.
Gli inquirenti stanno lavorando sulle telecamere di zona e sulla rete di relazioni del ragazzo per capire se abbia davvero agito da solo solo nella fase esecutiva, o se dietro vi sia una regia adulta che sfrutta i minori come manovalanza armata.
La madre del 15enne, la famiglia tutta è di umili origini e lontana dai circuiti della criminalità organizzata, si è detta sconvolta e incapace di spiegarsi come il figlio sia potuto arrivare a tanto, segno di una frattura profonda tra il mondo degli adulti e quello, parallelo, in cui crescono molti adolescenti nei quartieri popolari.
L’omicidio di Marco Pio Salomone si inserisce in una catena di episodi in cui l’età sia delle vittime sia degli autori si abbassa drasticamente, con ragazzi poco più che bambini che maneggiano armi e regolano conti legati allo spaccio come fossero adulti di lunga carriera criminale.
Quartieri come l’Arenaccia e le aree intorno a piazza Carlo III mostrano come le “piazze di spaccio” della movida siano ormai anche luoghi di socialità giovanile deviata, in cui l’identità e il prestigio passano per l’appartenenza a gruppi armati, più che per la scuola o il lavoro.
Dietro il singolo agguato c’è un contesto fatto di dispersione scolastica, assenza di opportunità, modelli criminali percepiti come uniche vie rapide di riscatto e famiglie spesso lasciate sole, incapaci di competere con il richiamo del denaro facile e delle armi.
Affrontare la criminalità giovanile a Napoli significa allora agire su più fronti: repressione mirata contro chi arma i minori, ma anche investimenti seri in scuola, servizi sociali, presidi educativi nei quartieri e programmi di uscita dai circuiti dello spaccio, perché ogni “baby killer” è anche il prodotto di un vuoto collettivo che la camorra riempie con violenza.