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Un’operazione ad ampio raggio coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia ligure ha scosso questa mattina dodici penitenziari in tutta Italia. La Direzione investigativa antimafia di Genova ha eseguito perquisizioni e sequestri in strutture che vanno da Fossano a Parma, da Tolmezzo a Santa Maria Capua Vetere, nel quadro di un’inchiesta che accende i riflettori su un traffico sistematico di telefoni cellulari e schede sim introdotti clandestinamente nelle sezioni di alta sicurezza. Sono trentuno gli indagati per introduzione e ricettazione di dispositivi, contestazioni aggravate dall’ombra dell’associazione mafiosa.
Le indagini hanno permesso di ricostruire l’utilizzo di oltre centocinquanta telefoni e più di cento schede sim da parte di detenuti per reati di mafia nel carcere di Genova-Marassi, dove i dispositivi venivano usati per mantenere i rapporti con affiliati liberi o reclusi altrove, scambiando messaggi e ordini operativi. Gli investigatori hanno scoperto come i telefoni, spesso di piccolissime dimensioni, fossero intestati a cittadini inesistenti o ignari, grazie alla complicità di negozi di telefonia del centro storico genovese. Venivano consegnati durante le visite familiari o nascosti in pacchi spediti in istituto e poi fatti circolare tra i detenuti, con un sistema oliato e difficilissimo da intercettare.
La collaborazione con la polizia penitenziaria di Marassi ha consentito di sequestrare numerosi apparati, mentre l’analisi del traffico telefonico e telematico ha consolidato il quadro indiziario. Secondo gli inquirenti, quel flusso continuo di comunicazioni avrebbe agevolato l’operatività delle cosche di ’ndrangheta, dimostrando ancora una volta la capacità della criminalità organizzata di adattarsi e infiltrarsi persino nei livelli più rigidi del sistema carcerario.