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Caos mense a Poggioreale: agenti senza pane né acqua, l’Uspp denuncia il collasso dei servizi

Mancano i beni di prima necessità per la Polizia Penitenziaria nel carcere napoletano. I sindacati Moretti e Auricchio puntano il dito contro la vecchia gestione e chiedono un intervento immediato al nuovo provveditore: "Situazione inaccettabile per chi lavora già in condizioni di stress estremo"
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Napoli — È una situazione che ha del paradossale quella denunciata dai vertici dell'Uspp (Unione Sindacati Polizia Penitenziaria) all'interno del carcere di Poggioreale. Nel penitenziario più affollato d'Europa, chi è chiamato a garantire l'ordine e la sicurezza si trova privato persino dei diritti più elementari: un pasto caldo e completo.

"Manca di tutto: olio, pane, frutta e, in alcuni casi, addirittura l’acqua", dichiarano Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, rispettivamente presidente e segretario regionale dell'Uspp, accendendo i riflettori su una crisi che va avanti da mesi.

Un servizio al collasso

La denuncia dei sindacalisti non è un fulmine a ciel sereno, ma l'apice di un malessere che cova da tempo tra le mura del "Salvia". La gestione della mensa, servizio essenziale per agenti che affrontano turni massacranti, è finita nel mirino per carenze ormai croniche. Secondo l'Uspp, la responsabilità ricade su una pesante eredità lasciata dalla passata gestione amministrativa, rea di non aver indetto tempestivamente una nuova gara d'appalto per le mense delle carceri regionali.

Il risultato è un servizio a singhiozzo, privo degli standard minimi di qualità e quantità previsti dalla legge.

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L'esasperazione degli agenti

"I colleghi sono esasperati", sottolineano Moretti e Auricchio. La rabbia della Polizia Penitenziaria nasce dal contrasto stridente tra la durezza del loro compito e la "beffa" di un trattamento inadeguato. Gli agenti operano quotidianamente in un contesto di grave sovraffollamento — con celle che ospitano molti più detenuti del consentito — e una cronica carenza di organico che costringe a carichi di lavoro estenuanti.

In questo scenario, la pausa pranzo non è un lusso, ma un necessario momento di recupero psicofisico sancito dalle norme. Vedersi negare un pasto decente viene percepito come un abbandono istituzionale.

La ricerca di una soluzione

L'appello è ora rivolto al nuovo provveditore, dal quale i sindacati attendono risposte concrete. "In verità si sta già adoperando per trovare alternative efficaci", ammettono i rappresentanti Uspp, segnalando un tentativo di cambio di rotta. La strategia prevede la risoluzione immediata del contratto con l'attuale ditta appaltatrice, incapace di garantire il servizio, e l'ingresso di una nuova azienda tramite appalto.

Nel frattempo, si chiede l'erogazione del buono pasto sostitutivo in tutta la regione, una misura tampone indispensabile per restituire dignità lavorativa agli agenti, in attesa che la burocrazia faccia il suo corso e riporti pane e acqua sulle tavole della mensa.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 26 Novembre 2025 - 09:26 - Gustavo Gentile

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